L’anno scorso fu il primo esempio di disco senza disco, di bella confezione (un album con foto di David Lynch, nientemeno) con allegato cd vergine su cui registrare le 13 canzoni, tutte scaricabili in rete. Nulla di concettuale, solo il risultato di un litigio fra Danger Mouse, uno dei due ideatori e produttori del progetto, e la casa discografica. Trascorso un anno arriva infine nei negozi il cd fisico e ufficiale, ma sorge il sospetto che la pubblicazione sia dovuta in gran parte al triste appeal commerciale indotto dai suicidi di Mark Linkous, l’altro ideatore, e Vic Chesnutt, uno degli ospiti presenti. L’idea di partenza era di affidare a diversi cantanti i brani scritti da Linkous e arrangiati da Danger Mouse affinché ognuno potesse esprimere (lavorando anche sulla melodia vocale) la propria idea di “buia notte dell’anima”. A suonare più convincenti in veste di interpreti sono i personaggi più vicini come sensibilità (tormentata, introflessa, nevrotica) a Linkous, in particolare l’ex Grandaddy Jason Lytle, tanto intenso quanto in apparenza fragile, il più cinico Kevin Coyne dei Flaming Lips e ovviamente, Chesnutt. Piacciono meno coloro che dovrebbero interpretare il lato aspro della notte (Iggy Pop, Black Francis), mentre il brano con Suzanne Vega, è grazioso ma non troppo in sintonia con il resto; lo stesso si potrebbe dire per Julian Casablancas, la cui Little Girl è però uno dei passaggi più suggestivamente sbilenchi del disco.
Con molti effetti intorno alla voce canta anche il terzo titolare del progetto, David Lynch, e gli esiti sono prevedibilmente… lynchiani ma anche suggestivi, in particolare nel brano che titola e conclude il lavoro. Detto che Danger Mouse eccede qua e là con un’elettronica che vorrebbe essere destabilizzante ma è più che altro goffa, è indiscutibile che il disco affascina perché contiene diverse canzoni molto coinvolgenti nella loro cupezza (come accadeva nei primi dischi degli Sparklehorse, il gruppo di Linkous) e perché suona come epitaffio, ahinoi anche terribilmente reale, per tutto un circuito sonico americano che, negli ultimi quindici anni ha saputo interpretare al meglio, sentendoselo addosso, il turbamento per un mondo sempre più sprofondato nella notte dell’odio e del fastidio generalizzato. (Antonio Vivaldi)