Come per July (2014) la copertina di Strangers è melodrammatica e in bianco e nero; una fedele rappresentazione delle ballate di Miss Nadler che sono melodiose, avvolgenti e curate. Alcune sono esili ed essenziali, altre più gonfie e soniche. La sostanza però è una scrittura solida circondata da arrangiamenti eleganti: pianoforti, archi, organi, elettricità misurata e moderata. La voce di Marissa ondeggia tra il sognante (Hungry Is The Ghost con i suoi riverberi) e il tendente-folk (Shadow Show Diane) e così la musica di questo disco. Strangers abita nello stesso paese di Hope Sandoval e dei Mazzy Star, di Joanna Newsom se non fosse così medievale e fissata con l’arpa, di tante cantantesse che, prima di lei, hanno riletto la canzone tradizionale attraverso lenti indipendenti. Marissa non ha un talento scoppiettante. È brava a modo suo: melodrammatico e bianco e nero. (Marco Sideri)