Il motore del disco, leggendo qua e là in rete, sono le radici pellerossa di Grant Lee P; i ricordi e la (dolorosa) eredità dei nativi americani. Questa ispirazione si mostra in ballate tradizionali che esplorano le tante anime del Sud dell’Unione; la buona notizia, però, è che GLP torna a fondere quelle radici (già ben in evidenza nel precedente Walking In The Green Corn del 2012) con un piglio rock, perduto o quasi fin dalla fine dei Grant Lee Buffalo. E così dalle soffici sfumature gospel della conclusiva Find My Way si passa attraverso il passo pop di Cry Cry per finire a Tennesse Rain, che apre le danze elettrica e melodiosa come le migliori puntate del catalogo GLP. Non c’è dubbio che il pubblico di riferimento (!) di GLP nel 2016 sia il pubblico che lo ha seguito negli anni; The Narrows non cambia le carte in tavola. Però è un bel disco; non è poco. (Marco Sideri)