È come non è, i Black Keys sono diventati delle stelle (star) di prima grandezza. La storia è simile a molte prima: esordi a bassa fedeltà e alta passione; anni per cantine e furgoni a inseguire il proprio personale blues; poi, BUM!, il successo, nello specifico con El Camino (2011) e la sua ipotesi di Rolling Stones pompati da steroidi. Turn Blue è il disco del dopo (sbornia, successo) e abbandona l’immediatezza blues rock del predecessore in favore di un passo soul sornione ed elettrico. Il suono del gruppo si è espanso dallo scarno chitarra/batteria degli esordi fino a comprendere tastiere, organi e sintetizzatori, che sfumano e ispessiscono i brani. E così i Black Keys si ritrovano spaparanzati in una dimensione molto anni 70, che se ci piacessero le definizioni e i generi posticci (cosa che non è) potremmo chiamare soul blues prog rock. Paiono starci comodi. (Marco Sideri)