E poi si diventa un’istituzione che, di questi tempi, non è una notizia così buona. Si comincia sorprendendo, dal basso, con una formula particolare. Passano gli anni; le orecchie si abituano; la formula si fa paradigma. La storia dei Low (dal Minnesota, mormoni, sposati, esordio nel 1994) ha il tragitto di tanti (ex) pionieri. Nel loro caso, l’intuizione di chiama slow core e consiste in lente e armoniose ballate, ora salmodianti, raramente dissonanti, spesso elettriche. Lunga introduzione per dire che è facile sapere cosa aspettarsi da Invisible Way. La buona notizia è che si riceve tutto quanto, e spiccioli. Le voci di Alan e Mimi si incrociano suadenti, la produzione (Jeff Tweedy dei Wilco) regala un che di folk e diretto alle canzoni, la scrittura (buona e neilyounghiana) contribuisce ad un quadro d’insieme avvolgente. Nessuna nuova, buona nuova. (Marco Sideri)