Ci sono dischi che gli anglosassoni chiamano novelty records, ossia: album ridicoli che s’ispirano a fonti improbabili, suonati con strumenti non convenzionali. Insomma, lavori dove la forma (l’idea) stravagante conta più del contenuto. Party Store a prima vista è esattamente così. Un intero disco in cui i Dirtbombs, impagabili stacanovisti garage blues, rifanno a modo loro pezzi classici del repertorio techno di Detroit (una delle patrie del genere). Bene, il risultato è tutt’altro che uno scherzo. Mick Collins (voce, volto e chitarra) e i suoi traducono le pulsazioni sintetiche della techno senza tradire lo spirito insistente e stordente che le caratterizza. E utilizzano i brevi refrain vocali di quei pezzi a mo’ di ritornello, per regalare all’insieme quel po’ d’orecchiabile che non guasta. Un disco di passaggio. Non per i Dirtbombs, ma per i due generi trattati. (Marco Sideri)
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