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Musica italiana Recensioni Italiani FRANCESCO GUCCINI - L'ultima Thule
 

FRANCESCO GUCCINI - L'ultima Thule FRANCESCO GUCCINI - L'ultima Thule Hot

FRANCESCO GUCCINI - L'ultima Thule

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L'ultima Thule
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Non è un Guccini di maniera quello che qui chiude, secondo le dichiarate intenzioni, la sua vicenda artistica, se non altro in ambito musicale, nonostante la non più freschezza di un linguaggio, che un tempo è stato impetuoso e originale. Da vorace lettore e capace scrittore, infatti, e come si conviene a quella sorta di nobile volontà testamentaria che anima per intero quest'ultimo lavoro, l'intellettuale e cantastorie modenese confeziona altri otto suggestivi episodi, che si aggiungono (arricchendoli di un'altra profonda manciata di umanità) ai già copiosi e meritevoli appunti e diari di un capitano di lungo corso della canzone italiana. Un album, questo "Ultima Thule", l'estremo nord, che non poteva che uscire nei crepuscolari ultimi giorni dell'anno, quelli che si inseguono via via più corti, fino al "famigerato" e risolutivo (però) solstizio d'inverno. Perchè siamo davvero alle prese con un vero e malinconico commiato, a tratti commosso, e con l'amara constatazione che nulla o quasi è cambiato (l'isola ovviamente non è stata trovata, ma lo si sapeva già anche allora) e che "nel freddo tutti finiremo".

Guccini, d'altra parte, non è certo il tipo da ritrovarsi ancora "sulla strada" dopo tutti questi anni spesi "tra la via Emilia e il west", come l'odierno e sempiterno Francesco De Gregori (per altro appartenente a un'altra generazione) non smette di fare, per continuare a commentare i nostri tumultuosi giorni, nè così inseguito e ossessionato dai "cani dell'inferno", sì da dover fuggire ad libitum in uno scapicollato e disperato never ending tour dylaniano. La passione per la letteratura, la scrittura e la placida vita in campagna, lo tengono saldamente ancorato ad una serena (anche se nostalgica) accettazione delle cose. Ricordi d'infanzia, dei propri genitori, echi di lotte passate, la rivendicazione di essere da sempre un umile artigiano della composizione e del racconto più che un artista navigato, la prefigurazione della morte, il funerale, nel "Testamento di un pagliaccio", di chi ha sempre portato il peso e che oggi non ha più la forza di testimoniare: questi i temi che fioriscono quà e là, subito imprigionati nella morsa di un ghiaccio da "alba del giorno dopo", che tregua non lascia e non può lasciare. In tempi bigi come questi, in cui "il Re Sole" torna riesumato alla ribalta, fanno felicemente capolino anche un brano resistenziale ("Su in collina"), dalla dovuta aura epica ed ancestrale, grazie anche all'utilizzo della ghironda, ed uno sulla liberazione ("Quel giorno di aprile"), perchè "la campana che su nessun campanile sta" torni a risuonare, ad evitare che "dentro di noi troppo in fretta si allontani quel giorno". Lo accompagnano in quest'ultima impresa alcuni amici di sempre, tra i quali Vince Tempera al pianoforte, Ellade Bandini alla batteria, Juan Carlos "Flaco" Biondini alla chitarra e fisarmonica, e Antonio Marangolo ai fiati, che brilla in particolar modo al sax sopranino ricurvo. Tutti abili nel costruire l'adatto fondale, sul quale far veleggiare le parole limpide e stanche del cantore emiliano, che non graffiano più come una volta, ma che sanno ancora imprimere sulla tavoletta sonora efficaci stilettate. L'album si conclude con la promessa, la visione metaforica di un ultimo viaggio in solitaria, verso l'estremo nord, l'ultima Thule (appunto), tra le isole Svalbard e il fantomatico Polo Nord (proviamo a immaginare noi). Eroe di sè stesso, esploratore intrepido, Guccini sogna, come un'odierno Shackleton - che però si smarrì (soopravvivendo) nell'immenso pack antartico -, di perdersi definitivamente, quasi sciogliendosi o cristallizzandosi, tra i ghiacci atavici della calotta polare, senza lasciare alcun ricordo, alcuna traccia. Ma quel "grappolo di illusioni" che lungo la strada Guccini ha lasciato dietro di sè, è ben difficile che possa svanire dalla memoria di chi lo ha seguito e da lui si è sentito rappresentato; e chissà che dal ghiaccio artico la sua voce non possa (o non voglia) tornare, come lo spettro di un'indomita e antica ricerca di verità, perchè questa non sia davvero "L'ultima volta": ce ne sarebbe ancora bisogno. (Marco Maiocco)

opinioni autore

 
FRANCESCO GUCCINI - L'ultima Thule 2012-12-12 16:28:18 andrea rainero
Giudizio complessivo 
 
100
andrea rainero Opinione inserita da andrea rainero    12 Dicembre, 2012
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Complimenti a Marco Maiocco per la bella recensione, da grande ammiratore del cantautore (rima non voluta) vorrei stendere due parole, anche io, su questo disco, una sintetica analisi.

Nelle otto canzoni di “L’ultima Thule” troviamo i classici temi gucciniani la morte, la politica, le donne ed i ricordi che si mescola al presente. Ricordi lontani (Canzone di notte N° 4, Quel giorno d’Aprile), quando bambino, viveva a Pavana nel mulino dei nonni, che per l’occasione si è trasformato in studio di registrazione.
L’album si apre con “Canzone di notte N° 4”, un tuffo nelle lontane notti passate sull'Appennino Tosco-Emiliano.
Segue “L’ultima volta” canzone molto bella, che ruota attorno ad una riflessione apparentemente semplice ma non così scontata o banale come può apparire cioè quando compiamo, vediamo, ascoltiamo un’azione non pensiamo che potrebbe essere l’ultima volta che lo facciamo.
Qui è interessante la scelta in cui vengono posizionate le successive canzoni; “Su in collina” , “Quel giorno d’Aprile” , “Il testamento di un pagliaccio”. In queste tre canzoni vengono trattatati argomento che tracciano, a grandi linee, la storia Italiana dalla seconda guerra mondiale ad oggi, la lotta partigiana, la Liberazione e l’attuale situazione socio politica.
Si prosegue con “Notti”, brano trascurabile e “Gli artisti” una riflessione su cosa è o meglio su cosa dovrebbe essere un “ARTISTA”.
Si chiude con “l’ultima Thule”, sicuramente il brano più bello e più coinvolgente, Guccini veste i panni di un corsaro (parola usata al plurale nella prima canzone “Notti senza traguardi e cellulari/ E immortali avevamo forza e fiato/ Come CORSARI”) che dopo una vita avventurosa si ritrova solo e stanco ad affrontare l’ultima sfida, il viaggio verso la terra estrema “l’ultima Thule”. Brano metafora della sua vita ed epitaffio del Guccini cantautore.
Sicuramente uno tra i migliori album dell’ultimo periodo, alcuni passaggi rimandano a vecchie canzoni e qua e la si “respirano” atmosfere già sentite in “Parnasius Guccini”, comunque un lavoro di rilievo, soprattutto se si guarda l’attuale panorama musicale italiano … e non solo!


Andrea V.

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