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Lettera aperta a Gian Piero Alloisio Lettera aperta a Gian Piero Alloisio Hot

alloisio_gian_pieroCaro Gian Piero,
credo che i genovesi tutti (quorum ego), e non solo loro, abbiano per ogni cosa che scrivi, fai o dici il riconoscente stupore di chi si trova sempre di fronte una persona due passi avanti, con la testa. Certe intelligenze creative incuriosiscono, spiazzano, convincono sulla moneta sonante dell'acume.
Un dono che hanno veramente in pochi. E chi lo ha lo dissipa, in genere, o a un certo punto della propria "carriera" ritiene di dover mettere il pilota automatico alle idee ed ai sogni. Che così diventano, invece che aquile, stizziti pollastri svolazzanti, due strida e poi giù, a terra a razzolare fingendo vertiginosi colpi d'ala. Pensa alla plumbea mediocritas da decenni, di tanti Signori Cantautori Eletta Schiera, come appunto diceva un cantautore. Come nel jazz ci fu un certo signor Miles Davis che forse non inventava le forme in cui trovava da esprimersi, ma catalizzava con antenne prensili quanto di vero e giusto si poteva appena intravvedere oltre il filo dell'orizzonte della musica, tu, Gian Piero, sei sempre lì in agguato con la realtà, e i sogni, e lo sai trovare il modo per riuscire a dire sempre un "io" che non è la vacua flatulenza di boriosi ego ipertrofici, fragili come il cor bovinus (che pompa molto sangue, ma ha le pareti deboli),ma aspira sempre e comunque ad essere un "noi" collettivo.
Questo in un tempo in cui il "noi" sembra essersi trasferito in una galera immateriale, in una smaterializzata asfitticità che è molto parlare, molto cliccare sui tasti per poco dire e niente narrare. Lo diceva anche Coupland, che siamo tutti diventati creature un po' "de-narrate". Lo ribadiva Filippo La Porta qualche anno fa in bel libro che ha avuto poca fortuna forse a causa di un brutto titolo, l'Autoreverse dell'esperienza.

Tu invece Gian Piero, sembri una spugna viva e umida sempre, e se non sono esperienze tue lo diventano, quelle schegge di vita che riesci a trasformare, nelle canzoni, in un "noi" da amare ( o almeno da rispettare a prescindere). Noi siamo le creature de-narrate. Tu non te ne accorgi, ma sei invece un ipernarratore che ridà fiato e carne e sangue a chi ha polmoni malandati, carne smagrita, sangue rappreso. Se ci fosse un po' di giustizia dovresti aver raccolto in questo malandato Stivale tricolore sbiadito molto, molto di più di quanto hai seminato con una cocciuta, smagliante resistenza intellettuale che ha sempre scampato il quieto vivere della pigrizia acquiescente, la sbiadita tolleranza al grande nulla che avanza, tanto "sono tutti uguali, no?".
Leggo nelle note che hanno accluso per i giornalisti per l'uscita di Ogni vita è grande che tra il 2004 e il 2011 hai scritto, diretto e prodotto 35 eventi teatrali e musicali di massa. Se prendi carta e penna ( o calcolatrice) fanno 4,3 ogni anno. Più di uno ogni tre mesi. Uno dei rarissimi casi ( e lo dico seriamente, senza sospetto d'ironia) in cui quantità va di pari passo con qualità.
Però, Gian Piero, a me mancano i tuoi dischi. Unitari, concept, con un bel filo che va dall'inizio alla fine, e che magari qualche anno dopo, o molti, fotografino ancora con pressante capacità un micro momento storico, anche quando sembra che le cose non si muovano per nulla. Come, che so, Dovevo fare del cinema. O anche la Storia della Meraviglia. O il mai uscito La terra gira rallentando.
Ma come, non è appena uscito Ogni vita è grande? E' proprio questo il problema, Gian Piero.
Racconti nelle note che il filo unitario di questa disomogenea raccolta di tasselli (l'uno per l'altro: l'abbiamo detto che non è questione di qualità, con Alloisio) è il tuo esserti ri-conosciuto come "cantautore politico". Nel senso letterale del termine, io credo: ovvero come uno che, con una chitarra a tracolla, un mestiere che altri non cumulerebbero in tre vite, e molte idee fresche sente di far parte della "polis" e interviene.
Tutto giusto e tutto vero.
Però a me questo disco bellissimo stride.
Perché non è né un'antologia del "meglio di Alloisio degli ultimi anni", né la versione riveduta, corretta e storicizzata di alcuni preziosi frammenti del tuo passato creativo, né il disco che potevi fare su Bindi (e il cielo comunque ti mandi copiose benedizioni per aver salvato, da grande, l'eco di Umberto, il primo dei cantautori) né un disco di "nuove canzoni".
Che ci sono, e sono talmente belle da metterti il groppo in gola. Però io dopo Ogni vita è grande avrei voluto un percorso tutto così, e passando dalle stazioni di Italia ti vorrei salvare, e di Non c'è lavoro, e magari lasciando in fondo, a chiudere, e proprio perché "ogni vita è grande" la Canzone per Carlo. Che è l'unico possibile requiem di vita e non di morte che sia stato scritto nella Penisola per il piccolo grande uomo resistente di Piazza Alimonda.
Invece trovo uno spezzone di "progetto Bindi", che, ripeto, avrebbe meritato da solo un cd, per trovare respiro pieno, King e Senza, che mi sembrano arrivare letteralmente da un' altra epoca, e non credo una persona di vent'anni possa storicizzare a dovere, se non in un contesto dedicato. E Venezia e La strana famiglia, che non so perché ma stridono come un gesso sulla lavagna, strette fra nuovi brani di un'altra, bruciante ( bruciata?) attualità e, appunto, il Bindi ritrovato e ripensato. E ti assicuro, poi, che non sono solo io ad aver trovato (provato) altro "stridore" a vedere posizionate di fila Baxeicò e La canzone per Carlo.
Insomma Gian Piero: mi piacerebbe poterti rapire, e costringerti a non uscire da una sala d'incisione fino a quando non avrai completato: un doppio cd su Bindi, un cd con musiche di Umberto, uno con canzoni tue per Umberto. Ce le hai già. Un cd dell' Alloisio satirico e feroce ed ironico. Un cd che contenga tutti i pezzi sul lavoro che non c'è e la mancanza di senso collettivo di questa epoca. Uno intero di Alloisio che rilegge Alloisio.
E' troppo? No, è poco. Non abbiamo più troppo tempo, come dici tu, Il nostro oro sta diventando argento. E domani potrebbe essere ferro arrugginito.
Con una tonnellata d'affetto. (Guido Festinese)

 

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