Dopo il bell’omaggio al padre Dewey di “Still Dreaming” del 2018, uno dei migliori dischi dell’annata trascorsa, Joshua Redman ritorna insieme ad Aaron Goldberg, Reuben Rogers e Gregory Hutchinson: "Sono fra i musicisti che preferisco al mondo. Abbiamo suonato così tanto nel corso degli anni e siamo stati insieme così tanto on the road ... per me, sono la situazione ideale per fare musica”. Ciò nonostante il gruppo, insieme da vent’anni, non incideva in quartetto dal 2001: Redman nel frattempo ha sperimentato nuovi contesti e collaborazioni non sempre con risultati indimenticabili (come nel disco sopra citato) frutto forse di uno sguardo spesso troppo compiacente all’approvazione del grande pubblico. “Come What May” viene ad assumere il significato di un ritorno alle origini, una rimpatriata tra vecchi amici in cui ci si sente perfettamente a proprio agio, liberi di esprimersi: la musica che ne consegue è esattamente così, ricca di energia come nel tempo dispari di “Circle of Life” o in “DGAF”, o estremamente rilassatacome nel brano che dà titolo all’album o nella conclusiva "Vast", sicuramente l’episodio più interessante con il suo crescendo ipnotico e al contempo avvolgente. Bentornato alle origini Mr Redman. (Danilo Di Termini)