Abbandonata l’ECM dopo tre album tutti di buon livello, Potter insieme al tastierista James Francies, al batterista Eric Harland e al bassista Linley Marthe, approda all’Edition, etichetta inglese attiva da ormai dieci anni. L’introduzione di “Invocation” al clarinetto basso lascia presagire uno sviluppo interessante confermato dal pulsare funk di “Hold It” e dall’incedere crescente di "The Nerve", concluso da un solo di pianoforte che apre la strada a un bel finale. Quello del sassofonista (tenore e soprano, ma anche clarinetto basso, flauto e sampler elettronici) è jazz che si nutre di ogni influenza, viaggiando nel tempo della tradizione post-coltraniana, e nella geografia, arrivando a lambire l’Africa nel poliritmico "Koutomé", probabilmente il momento più riuscito del disco. Da qui in avanti, con “Circuits”, con “Green Pastures”, con “Exlamation” il gruppo sembra smarrire la sua identità, con i musicisti che sembrano più impegnati a sfoggiare il loro virtuosismo che a emozionare l’uditorio. Disco riuscito a metà o che forse, proprio per questo, catturerà l’attenzione di un numero più vasto di ascoltatori. (Danilo Di Termini)