Il 1998 è un anno cruciale per Keith Jarrett: dopo due anni senza concerti (l’ultimo risale al 30 ottobre 1996 a Genova) e senza mai entrare in studio di registrazione, il pianista è infine riuscito a sconfiggere la sindrome da stanchezza cronica che gli ha impedito di suonare. Ha pubblicato un emozionante disco in piano solo - “The Melody at Night, with You” - e il 14 novembre insieme a Gary Peacock e Jack DeJohnette, «the Standards trio», sale sul palcoscenico del Performing Arts Center di Newark. Di quella esibizione è la fedele testimonianza “After The Fall”: «Sono rimasto stupito nel sentire quanto la musica funzionasse» scrive nelle note del libretto. «Per me non è soltanto un documento storico, ma un vero gran concerto».
Difficile dargli torto: un doppio cd, oltre cento minuti di musica per un viaggio fra il Great American Songbook (“The Masquerade Is Over”, “I’ll See You Again”, ”Old Folks”, “Autumn Leaves”, “When I Fall In Love”: questi ultimi due titoli sono i più suonati dal trio, compaiono per ben cinque volte nei ventuno dischi incisi insieme), tra classici del be-bop come “Scrapple From The Apple” di Charlie Parker, “Bouncin’ With Bud” di Bud Powell e “Doxy” di Sonny Rollins, brani meno celebri come “One for Majid” di Pete La Roca o “Late Lament” di Paul Desmond. E se sembra quasi superfluo sottolineare l’interplay tra i musicisti, come sempre impareggiabile (in “Moment’s Notice” di Coltrane per esempio o in “Santa Claus Is Coming To Town”, dove anche una canzone natalizia si trasforma in jazz allo stato puro), non altrettanto si può dire del desiderio di suonare che traspare da ogni singola nota: forse suggestione, per i motivi che abbiamo indicato all’inizio, ma di certo “After the fall” ci appare una delle prove più compiute di questi tre splendidi musicisti. (Danilo Di Termini)