Dei quasi cinquanta titoli di cui è composta la discografia della pianista sessantanovenne originaria di Osaka, almeno un terzo sono dischi in duo, a testimonianza di un’esplicita predilezione per la formula; per Murray, di sette anni più giovane ma parecchio più prolifico (oltre che più celebre, soprattutto tra gli ’80 e i ’90, all’epoca del World Saxophone Quartet e dei dischi per la DIW e per la Black Saint) molti di meno, ma uno, bellissimo, (“Blue Monk”, 1993) proprio insieme a lei. I due si ritrovano oggi e l’incontro è davvero stellare: Murray, al sassofono tenore e al clarinetto basso è al suo apice, capace di percorrere indifferentemente il linguaggio più radicale di “Stressology” o quello più romantico e ‘gorgogliato’ alla ‘Ben Webster’ di “To A.P. Kern”, passando per la tradizione rivisitata di “Let’s Cool One” di Monk, unico standard presente. Il pianismo della Takase, a tratti magmatico e ribollente, è capace anche di improvvisi bagliori ‘stride’ (nella citata cover monkiana) o di appassionati accenni blues; e quando "A Long March to Freedom" - una coinvolgente ballad, meravigliosa nella sua linearità - chiude il disco non vorrete far altro che ricominciare ad ascoltarlo. (Danilo Di Termini)