Secondo album nel 2016 per il trombettista newyorchese: dopo “Dark Territory” (in quartetto con Shigeto, Jonathan Maron and Mark Guiliana), ecco un nuovo progetto con il contrabbassista Matt Brewer, il batterista Clarence Penn e il pianista tedesco (ma residente in Francia) Frank Woeste cui si deve l’idea, accolta con entusiasmo da Douglas (“Having read about and looked at the Dadaists for years: I was enthusiastic about making these connections in our music”), di un disco dedicato al Dada. Specifichiamo subito che il movimento artistico sviluppatosi nel primo dopoguerra e che sanciva il rifiuto della cultura e dell'estetica, non si riflette con la stessa veemenza nella musica del quartetto: in questo senso l’apertura minimalista del pianoforte di “Oedipe” che evoca Satie – un contemporaneo dei firmatari del manifesto del 1918 – viene ben presto rimpiazzata dalla vigorosa tromba di Douglas, quasi a testimoniare quale sviluppo avrà il disco, al di là delle intenzioni iniziali. Le atmosfere delle restanti nove tracce sono improntate a uno stile piuttosto classico come nell’irruento “Mains Libres”, nel più rilassato “Montparnasse” o nel convincente dialogo tra la tromba di Douglas e il Fender Rhodes di Woeste in “Noire et Blanche”. Un buon disco, ma niente di più. (Danilo Di Termini)