Nato circa dieci anni fa il bizzarro quartetto newyorchese formato (allora) dal trombettista Peter Evans, dal sassofonista Jon Irabagon, dal bassista Matthew "Moppa" Elliott e dal batterista Kevin Shea si era imposto da subito all’attenzione della critica per una rilettura dell’hard-bop fedele e dissacrante al contempo, con cui riusciva compiutamente a perseguire il concetto di ‘innovazione nella tradizione’ tanto caro ai fedeli del jazz. Ma fin dalle cover dei dischi (ognuna omaggia e fa parodia della copertina di un classico: “A Night in Tunisia“ di Art Blakey, “This Is Our Music“ di Ornette Coleman, “Out of the Afternoon” di Roy Haynes e il Keith Jarrett di The Koln Concert” nel live “The Coimbra Concert” del 2011), l’aspetto beffardo del progetto impediva alla musica di limitarsi a una rilettura impeccabile, ma formale e in fin dei conti inutile. L’aggiunta di Ron Stabinsk al piano per risuonare nota per nota il “Kind of Blue” del quintetto di Davis (questa sì, idea veramente forzata) non si è rivelata temporanea per l’abbandono di Evans. In questo ultimo disco così il quartetto assume nuove sfumature pur mantenendo intatta la sua idea di musica che, anzi, appare rinvigorita nella sua capacità di spaziare dall’avant-garde alla Threadgill al latin, dalla ballad romantica al post-bop. (Danilo Di Termini)