Ancora un cambio di direzione per Joshua Redman, celato dietro il nome di un gruppo paritetico con Aaron Parks alle tastiere, Matt Penman al contrabbasso e Eric Harland alla batteria. Un classico quartetto, che nelle scelte musicali - tutti originali i brani del disco - dimostra di voler percorrere la strada di un jazz contemporaneo, aperto a influenze e generi diversi. Il risultato però - forse volutamente, per raggiungere un pubblico più vasto - appare alquanto datato, ricordando una raffinata fusion anni ‘80, con atmosfere alla Steely Dan. Il pianismo molto ‘alla moda’ di Parks non aiuta Redman a sganciarsi dai soliti percorsi, prevedibili e non memorabili. Quando vi riesce, come in “Star crossed” e nella lenta e conclusiva “Low fives” suonata al soprano, è tutta un’altra musica.
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