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Una recente ricerca dedicata ai temi del copyright - "Copy culture in the Usa and Germany" - elaborata dall'American Assembly, un gruppo di lavoro della Columbia University, ha evidenziato che gli utilizzatori di sistemi peer-to-peer negli Usa posseggono collezioni musicali più ampie, di circa il 37 %, degli altri. E se, come prevedibile, ciò è causato per lo più dallo scaricamento gratuito e dalle copie da parenti o amici, la differenza deriva anche da acquisti legali significativamente più numerosi, del 30 %, rispetto ai non utilizzatori di network peer to peer. mix154Come in molti casi l'esito di queste ricerche difficilmente si discosta dalle riflessioni che chiunque potrebbe fare in un sabato uggioso con un amico davanti alla vetrina di un negozio di dischi: gli appassionati di musica comprano e scaricano tanto, mentre gli altri – diciamo quelli che acquistano un cd all'anno in occasione dell'uscita di Venditti o Mina o a Natale, per liberarsi dall'incubo del cosa regalo al vecchio zio - lo fanno poco, se non per niente. Confortati dai dati, ci addentriamo nell'annosa querelle sulla pirateria digitale che, secondo le associazioni dei discografici, provoca danni per miliardi di dollari all'economia del settore. Resta il fatto che da un punto di vista ideale, risulta difficile capire perché se io ho un disco regolarmente acquistato, non possa decidere di prestarlo a qualcuno di mio gradimento. Per intenderci, se possiedo una macchina e la affido a un amico che ne è sprovvisto per un week end romantico al mare, la Fiat non trova niente da ridire. Se io invece gli presto l'ultimo di Donald Fagen e lui se lo copia per ascoltarlo in santa pace, in teoria sia io che lui stiamo commettendo un reato. Obiezione: il problema della pirateria non è dato dalle copie amici/parenti, ma dal fatto che in rete milioni di sconosciuti rendono disponibili le loro discoteche a chiunque abbia voglia di scaricarsele. Vero, ma proseguendo nel parallelismo, se mentre vado a Levanto, carico un autostoppista (notare la mancanza dell'apostrofo) né la Società Autostrade, né Trenitalia adiscono le vie legali. E volendo esagerare bisogna pur ammettere che la globalizzazione deve pur valere in maniera bidirezionale: se una major decide di produrre i suoi cd in Thailandia perché la mano d'opera costa talmente meno che anche il costo superiore del trasporto le permette un ricavo maggiore, non si capisce perché grazie all'uso di tecnologie globali io non possa farmi dare da Mr. Wone – ha un bel blog, http://www.blaxploitationpride.org - un disco di Bobby Womack o un film con Isaac Hayes. Detto questo, in ossequio alle statistiche con le quali abbiamo iniziato, resta il fatto che il piacere che dà l'acquisto di un disco non è assolutamente paragonabile a quello di un invisibile file mp3. Così come un panino con la mortadella (e non parlo di ostriche o tartufi) non ha niente a che vedere con una barretta energetica. Non è questione di generazioni, ma di conoscenza; forse, se le major invece di correre dietro al profitto, avessero provato ad educare all'ascolto, ora non si troverebbero con un pugno di mp3 in mano.

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