13 Settembre 2009
|DISCO MIX a cura di Jedediah Leland
Il lungo viaggio
Il country e il jazz non hanno avuto mai (fortunatamente dirà qualcuno) molto in comune; da qualche anno a questa parte invece, i due generi sembrano aver improvvisamente trovato un territorio comune sul quale incontrarsi con risultati più o meno riusciti. In un‘epoca ormai lontana una simile frequentazione, sintomo evidente del tentativo di corruzione borghese da parte dell’odiato country reazionario nei confronti del rivoluzionario jazz, avrebbe fatto gridare d’orrore la critica materialisticamente più impegnata. Ma la strada aperta da Bill Frisell con “Have a little faith” e “Nashville”, fino all’ultimo “Disfarmer” ha trovato ben presto emuli più o meno sinceri. Tra questi ultimi va annoverato Willie Nelson, prima con Wynton Marsalis alla ricerca delle radici in “Two men with the Blues”, poi definitivamente convertito al jazz con il recente “American classic”, in cui affronta con la sua voce non certo limpida e cristallina, standard come “Fly to the moon” o “Come rain or come shine”. A dargli una mano, oltre a Diana Krall in “If I Had You”, è stata chiamata Norah Jones, proprio colei che nel 2002 con il successo di “Come Away with Me”, ha aperto la strada ad una pletora di cantanti, in gran parte donne, che la critica materialmente impegnata a mantenersi in vita, ha deciso di etichettare con la pluri-categoria jazz/soul/folk/country; in altri tempi ci si sarebbe limitati a sorvolare, con la certezza che per l’easy listening non v’era bisogno di sprecare troppe parole. Certamente autentico invece il progetto del contrabbassista Charlie Haden (sì quello che stava a fianco di Ornette Coleman nei suoi capolavori degli anni ’60 e scriveva “Song for Che” per la sua Liberation Music orchestra): con “Rambling Boy” ha infine coronato il sogno di una vita, allestendo un vero e proprio family show insieme ai figli Josh, Rachel e Petra (e anche Elvis Costello e Bruce Hornsby), sulle tracce di Bill Monroe e Hank Williams. Da Harlem agli Appalacchi: è la globalizzazione bellezza!
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