Discograficamente parlando il 1972 è un anno molto particolare per Duke Ellington: i due dischi fino ad oggi disponibili - “Live at Whitney” in trio e “This one for Blanton” in duo - sono delle vere e proprie eccezioni in una produzione in grandissima parte dedicata all’esecuzioni per orchestra. A confermare la singolare tendenza ne arriva oggi uno addirittura in piano solo, con l’eccezione di qualche brano in cui il Duca accompagna, da par suo, i cantanti Anita Moore e Tony Watkins, e quattro bonus tracks provenienti dai bis di un concerto del 7 novembre 1969, eseguite dal solo quartetto rimasto sul palco dopo l’uscita dell’orchestra (c’è Wild Bill Davis all’organo). Ma torniamo al piano solo, formula da sempre affascinante per la relazione necessariamente peculiare che s’instaura tra esecutore e ascoltatore: appena risuonano le note di “The Anticipation” come per magia tutto scompare e la musica prende il sopravvento.
Il pianismo di Ellington è lontano anni luce dal virtuosismo impareggiabile di Art Tatum o Teddy Wilson (tanto per citare due quasi coetanei), ma anche dall’intensità ‘punitiva’ di Jarrett, maestro del solipsismo contemporaneo; semmai pause ed esitazioni ricordano più il giganteggiare assorto di Thelonious Monk, ma con una luce e una vivacità del tutto originale. Non fatevi trarre in inganno dai suoi commenti alla fine di un brano (This piano’s too honest; it shows all my flaws!; Questo pianoforte è troppo onesto; Mostra tutti i miei difetti!) e godetevi una preziosa rarità. (Danilo Di Termini)