Questo gruppo di New York è, diciamo la verità, tra i migliori oggi al mondo. Non esagero. Li ha scoperti il grande Julian Cope (uno che se ne intende...), sono amici dei post-rockers Oneida e attivi da ormai un decennio. Hp1, meno 'liquido' rispetto agli inizi, è il loro quarto lavoro e segue di ben quattro anni Heads on Fire, altra opera d'arte. Hard rock, progressive tastieristico, space rock, noise sintetico, disturbi di frequenza, elettronica e il fantasma del Lou Reed più sperimentale: nei nove pezzi di quest'ultimo White Hills trovate tutto ciò. C'è pure il mellotron, che evoca chiaramente inflessioni crimsoniane. Anche taluni 'trattamenti' evocano Fripp (e Eno). I sei americani usano la tecnologia per tornare alla Natura: può sembrare un paradosso, ma leggetevi in proposito il proclama nell'altrimenti scarno libretto, interno al digipack. Hp1 è un vero monumento, volendo parafrasare il titolo di una delle composizioni, sempre cantate con voce filtrata (stile Farflung). Allora, non lo avete ancora acquistato? Disco dell'anno insieme all'ultimo Explosions in the Sky. (Davide Arecco)
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