The Americans partono alla grande in questo loro debutto, rispettando alla lettera il nome, non proprio fantasioso, che si sono scelti; i primi tre brani potrebbe essere definiti un ibrido tra i Creedence Clearwater Revival di John Fogerty e lo Springsteen più grezzo, senza dimenticare la lezione sempre valida e salvifica del rock-blues, evidente soprattutto nel terzo brano, Stowaway. Nel disco c’è anche qualche brano un po’ troppo acerbo, come l’irruento Hooky, una specie di rockabilly aspro e deviato, che incuriosisce ma lascia il tempo che trova. Uno dei punti di forza del gruppo è la bella voce di Patrick Ferris, aggressiva nei brani più rock, ma dotata di una dolcezza scartavetrata nelle canzoni più calme. Le ballate, incluso il singolo I’ll Be Yours, occupano in fondo buona parte del disco e proprio una di queste, l’intensa Daphne, chiude in crescendo un disco con molti pregi e pochi difetti, di quelli che si possono perdonare, bonariamente, agli esordienti. Pollice quindi in alto, aspettando conferme… (Fausto Meirana)