Un bravo cantante (o romanziere, scrittore o insomma creatore di storie) vive della propria personale epica. Può essere in maggiore (l’americanità jeans e chitarra di Springsteen), in minore (l’ironia dimessa di Cohen) o in chi-se-ne-importa (il distacco tossico di Lou Reed, per restare ai famosissimi). Però l’epica c’è, o almeno dovrebbe: su quella si misura la personalità dell’artista. Ezra Furman con Transangelic Exodus fa intravedere la propria personale epica e fa un deciso passo avanti rispetto al prima. L’abbiamo lasciato pimpante indie cantante (Perpetual Motion People, 2015), lo ritroviamo alle prese con un concept (elettronico, glam ma non troppo, melodico e avvolgente) sul cambiamento, l’identità di genere, l’intolleranza, con canzoni potenti e ben scritte. A voler essere banali-banali potremmo chiudere parlando di bozzolo e farfalla. (Marco Sideri)