I Lambchop, creatura bizzarra di Kurt Wagner, sono un gruppo di Nashville, ma con il country c’entrano assai poco; in vent'anni di carriera hanno cambiato veste tante volte, fino a diventare un ensemble con fiati ed archi, per tornare poi ad una formazione più ristretta, che è quella attuale. Flotus è l'acronimo di First Lady Of The United States, ma Wagner insiste sul fatto che voglia dire invece For Love Often Turns Us Still frase che può essere tradotta in ' Perché l'amore, spesso, ci fa statue di sale'. Anche l'ascoltatore di Flotus, in effetti, può rimanere un tantino bloccato di fronte all'uso smodato, ma così 'moderno', di un artifizio come l'Auto Tune (o Vocoder, come l'abbiamo sempre chiamato); molti dei brani, quasi tutti in effetti, lo usano più o meno intensamente, e, se alle prime volte si è ben disposti, a lungo andare si rivela un effettaccio disturbante e nocivo per i brani.
A proposito della scaletta, il genere dominante è un r&b vagamente da lounge bar dove il sinuoso basso di Matt Swanson la fa da padrone con il profondo baritono di Wagner che dialoga con il suo alter ego elettronico anche in modo affascinante, per lo meno in brani come JFK o NIV. In aggiunta alle stranezze di questo album, lungo, complesso e ‘parente’ dell’ultimo Bon Iver, facciamo notare che si apre con un brano di 12 minuti scarsi e finisce con uno di 18 abbondanti! Consideratevi quindi uomini avvertiti (e mezzo salvati) prima di procedere all'acquisto. (Fausto Meirana)
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