Nelle intenzioni di Carlos Santana questo disco dovrebbe chiudere, dopo quarant’anni (!) una quadrilogia, costituita dall’esordio omonimo, seguito dall’enorme successo di Abraxas (con Samba Pa Ti e Oye Como va) e dal meno convincente ma energico Santana 3. In questi dischi il chitarrista messicano aveva creato un genere nuovo, un ibrido tra la musica latina e il torrido rock-blues dell’inizio degli anni’70 riscuotendo un enorme successo. Successivamente se ne sarebbe allontanato, avvicinandosi al jazz-rock e a collaborazioni importanti con artisti come John McLaughlin e Alice Coltrane fino ai contatti con Miles Davis. Di recente, al contrario, la musica di Santana ha raggiunto spesso le vette delle classifiche perdendo però in qualità e originalità.
Questo quarto volume, sia detto subito, fa di tutto per ricreare le atmosfere di quei vecchi dischi, ed è, a tratti piuttosto godibile, come nell’iniziale Yambu classico numero percussivo/corale con influenze anche africane, o nei brani come Fillmore East ( già…) o Shake It dove la chitarra di Carlos ricama assoli come ai vecchi tempi. Alcuni membri storici dei Santana come Gregg Rolie, Michael Shrieve e Mike Carabello sono della partita, ma nei meandri della lunga tracklist ci sono alcuni brani che soffrono un po’ dell’’effetto fotocopia’ come Sueños, che rincorre un modello tra Europa e Samba Pa Ti, o Leave Me Alone, aggiornamento scattante della Evil Ways degli esordi. A parte questo, un disco ben riuscito, ma troppo lungo e tirato, specialmente verso la fine; l’ultimo brano, forse per questi motivi ha un titolo chiaro: Forgiveness (Perdono)… (Fausto Meirana)