Greg Trooper viene dal New Jersey e da molti anni scrive canzoni profondamente “roots” e colme di appassionato intimismo. La strada, le sconfitte, la voglia di riscatto e l’amore, appagante o inquieto che sia, costituiscono l’essenza poetica delle sue ballate, accolte con favore anche da un artista tormentato e creativo come Steve Earle. La dimensione live è quella più congeniale al songwriter americano e il Texas è una sorta di patria d’adozione artistica a cui Greg Trooper deve molto. Infatti, è proprio la città di Austin, straordinaria fucina di talenti musicale, a ospitare il concerto da cui ha origine quest’album. Al Rock Room, uno dei tanti, prestigiosissimi club della città texana, Greg Trooper offre una pregevole esibizione improntata alla schietta, affascinante semplicità degli arrangiamenti (in prevalenza acustici) e alla solida bellezza della sua voce. Sul palco si susseguono ballate come You Can Call Me Hank, Everybody’s a Miracle, One Honest Man e Might Be the Train. In compagnia di Chip Dolan e Jack Sauders, Greg Trooper mette in scena la più apprezzabile ritualità americana, fatta di beautiful losers e di anime inquiete in cerca pace. E il pubblico risponde. Con entusiasmo e coinvolgimento. (Ida Tiberio)