“Lazaretto”, ultima sorpresa di Mr. Jack White è un disco complesso, figlio di quasi cinque anni di riflessione. Per questo la scaletta appare così varia, generata dall’incontro tra periodi diversi: ogni canzone è un mosaico di generi. Ce n’è per tutti i gusti: dal dal blues-country al folk fino alla sperimentazione garage. Il singolo “Lazaretto” suona quasi rap e “High Ball Stepper” rimanda alla furia elettrica di Hendrix mentre “I Think I Found the Culprit” non stonerebbe in un disco dei Pink Floyd. Eppure c’è un’unità che riporta al precedente “Blunderbuss”, con qualche incursione in episodi del passato. La presenza di Ruby Amanfu riprende la forma dialogica tipica di molti pezzi dei Dead Weather e persino dei White Stripes, quando c’era Meg a fare da spalla all’estro di Jack.
E così, se in molti casi alla batteria troviamo una donna – Carla Azar è ormai un nome di spicco nel panorama alternativo –“Alone in my Home” pare la continuazione di “My Doorbell” e “That Black Bat Licorice” è un gioco di autocitazione che trasforma Jack in personaggio come già in “It’s true that We Love One Anither”; ma altri fili ricollegano quest’album all’universo sfaccettato dietro a Jack. Nei credits appare anche il talentuoso polistrumentista Dean Fertita che lo accompagna dall’epoca dei Raconteurs e che ha partecipato a molte trasformazioni del mondo del rock (si veda da metamorfosi di Josh Homme negli Eagles of Death Metal). “Lazaretto” è un album da avere – magari in vinile – per riacquistare la fiducia nella musica come mezzo espressivo che travalica la frenesia dell’era moderna. (Elena Colombo)