Il primo consiglio è di tapparsi gli occhi, e lasciar perdere l'orrida copertina: qualcuno metta ai domiciliari chi illustra i dischi dei norvegesi, che tanto varrebbe fossero tutti in bustine trasparenti. Il secondo è di ricordarsi la massima del Belzebù Bianco Romano: il potere logora chi non ce l'ha. Loro, un quarto di secolo di reame nell'indie rock più auto-indulgente, feroce e spesso riuscito della scena non intendono mollare l'osso del potere. E, fortificati dall'aggiunta in pianta stabile di un eccellente chitarrista come Reine Fiske, sfornano un signor disco che, tanto per citare i primi tre affondi, omaggia nell'ordine: i Led Zeppelin di Houses Of The Holy, i King Crimson del '72, i Black Sabbath più maturi. Poi arrivano bordate space rock, assortite avventure avantgarde, e via aggiungendo spezie sonore. Per gente che s'è fatta venire i capelli grigi a forza di watt, mica poco. (Guido Festinese)