In questo disco la voce torreggiante di Bill Callahan è registrata talmente in primo piano che quando parte il cantato gli strumenti sembrano sparire, intimoriti; la sequenza dei brani, inoltre sembra proporre un itinerario (forse di un unico giorno) dalla solitudine del bar dell’albergo ritratto in The Sing, che apre l’album, al ritorno a casa in macchina tra la neve di Winter Road, che lo chiude. I quadri che Callahan dipinge nelle sue canzoni, hanno sempre lati oscuri, misteriosi e la narrazione spesso devia, lasciando spazi vuoti. Una eccezione è la chiara metafora dell’amore carnale contenuta in Small Plane. Tuttavia, rispetto ad Apocalypse, Dream River risulta assai leggero all’ascolto, grazie agli efficaci arrangiamenti che, oltre al chitarra di Matt Kinsey, comprendono il violino, le percussioni e, come di consueto nelle ultime uscite del signor Smog, il flauto. Certamente tra i dischi dell’anno e tra le migliori prove del cantautore americano. (Fausto Meirana)