Sappiamo, da tempo, che c’è del marcio in Danimarca. Con l’uscita di Kveikur sospettiamo che ci sia del marcio anche in Islanda. Fin dalla copertina tetra, infatti, questo sesto lavoro dei Sigur Ros abbandona le atmosfere sospese e sognanti, che tanta fortuna hanno portato al gruppo, in favore di brani più cattivi e suoni più affilati. Niente di demoniaco, sia chiaro. Piuttosto una benvenuta svolta, a fronte di recenti lavori validi ma d’ispirazione calante. I SR, tornati terzetto con l’abbandono del tastierista, si appoggiano al ritmo in modo più marcato; lasciando alla batteria uno spazio finora ignoto. La voce efebica del cantante Jonsi si cimenta con melodie di stampo pop, mentre intorno gli strumenti impazzano. Basta ascoltare il passo marziale dell’iniziale Brennisteinn per accorgersi che i Sigur Ros sono cambiati. E cambiare è bene, per il momento. (Marco Sideri)