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Rock Recensioni NEIL YOUNG & CRAZY HORSE – Americana
 

NEIL YOUNG & CRAZY HORSE – Americana NEIL YOUNG & CRAZY HORSE – Americana Hot

NEIL YOUNG & CRAZY HORSE – Americana

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Titolo
Americana
Anno
Casa discografica

Torna a ululare il Vecchio Coyote, e lo fa di nuovo in compagnia della sua magnifica, vecchia accolita di sbandati, quei giovincelli dei Crazy Horse che, alla faccia del settimo decennio incipiente sulle carte d'identità, continuano a suonare il folk rock slabbrato e ringhioso manco fossero ancora nel garage di casa. Retoriche sull' "autenticità" a parte (perché anche Neil Young non è un monolite rock trasparente: è un prisma che riflette molte, molte cose di quanto successo nell'erratico universo popular dell'ultimo mezzo secolo), riecco il Canadese ambientato West Coast con un titolo assai impegnativo. Perché in Americana non troverete altro che una personale scelta e rilettura di "classici" pescati nelle pieghe oscure o luminose della storia della musica nordamericana, un po' (mutatis mutandis, si intende) come aveva fatto Dylan con un paio di dischi mai molto amati, e invece importantissimi, Good As I Been To You e World Gone Wrong, e come decise di fare anche un immenso Johnny Cash al declino della sua vita in nero con gli American Recordings. Racconta Neil Young che lo spirito di Americana è di risalire a quella metà degli anni Sessanta in cui si costituisce un "canone" folk rock, orecchie puntate su Tim Rose.

Dunque non il folk puro e crudo, ma già la rilettura elettrica che inguaiò Dylan a Newport. E qui il discorso funziona: perché in fin dei conti lo sferragliare povero e bruciante di Down By The River del Nostro è già in essenza puro folk rock. Il resto è tutto da ascoltare, premesso che chi si attende un disco "carino" da Neil Young, come pure più volte ha fatto, negli ultimi anni, si astenga da Americana: qui è un (simulato?) "buona la prima", jack attaccati e accordi distorti. Come nel bistrattato e magnifico Fork In The Road, per dare un'idea recente. Con le melodie spesso irriconoscibili, in una specie di gioco al quadrato ed al cubo di travestimento che rivela quanto sapienza ci sia sotto: ad esempio quando nell'iniziale Oh Susannah Neil Young cambia completamente la linea melodica, e arrivato al verso With The Banjo On My Knee banjo lo pronuncia lettera per lettera, b-a-n-j-o, quasi a introdurre una distanza straniante. O come quando in This Land Is You Land, premiata ditta Woody Guthrie, va a risalire al manoscritto originale, e canta uno dei versi con il punto interrogativo, ovvero "Is This Your Land?", accentuandone la carica sociale. Insomma, è uno strano, feroce, apparentemente dimesso lavoro Americana. Con un sospetto: se Patti Smith nel nuovo disco ha inserito After The Gold Rush di Neil Young come omaggio a un grande dell' Americana, allora Neil Young, che l'Americana è nella pelle, nei nervi, nel cuore, quando cita la Storia sta facendo un percorso individuale. E viceversa. E il rompicapo continua, per fortuna. (Guido Festinese)



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NEIL YOUNG & CRAZY HORSE – Americana 2012-06-20 15:32:36 Ivan
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100
Opinione inserita da Ivan    20 Giugno, 2012

BRAVO

Condivido perfettamente l'articolo. Il vecchio Loner di Toronto è classe insita, nn può quindi sbagliare mai un colpo. Specie se lo fa coi Crazy Horse. Bel CD

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