Per gli Arcade Fire il “terzo difficile disco” era difficile davvero dopo la gran botta iniziale di Funeral e la cupezza un po’ sfocata di Neon Bible. The Suburbs sceglie la via del cambiamento nella continuità ed esce abbastanza bene dalla prova: i suoni sono indie-pop da manuale con le molte ascendenze soniche (da Bowie ai Mercury Rev) amalgamate in modo fluido e impeccabile; i testi sono,ancora una volta, legati da un filo comune, quello dell’adolescenza e della prima età adulta in una periferia residenziale dai connotati vagamente post-catastrofici.Detto che l’album cresce a poco a poco e che dopo un paio di ascolti emergono diversi momenti coinvolgenti (Ready To Start, Rococo, Suburban War), è altresi vero che 16 pezzi sono troppi e che gli episodi pensati come diversivo veloce rispetto al mid-tempo dominante (Month Of May e Sprawl I, buffo clone di Heart Of Glass di Blondie) risultano scialbi esercizi di stile. In una diversa dimensione sonora l’effetto è all’incirca quello provocato da High Violet dei National, altro lavoro bello, sostanzioso, intelligente e meditato ma senza guizzi destabilizzanti di rabbia o d’amore. (Antonio Vivaldi)
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