Immaginate di essere seduti a Memphis, Tennesse, in un momento imprecisato del decennio 1950-60. State aspettando il tram, con la vostra fedele radio a transistor (ultimo modello) accesa a tutto volume. Mentre aspettate vedete passare Johnny Cash e Elvis Presley che parlottano tra loro; poco dopo, un Bob Dylan paffuto li segue. Intanto, la radio spara l’ultimo successo pop, con tanto di coretti e du-ap du-ap. Smettete di immaginare e tornate nel presente. Troverete un’atmosfera identica tra le pieghe dell’ultimo disco di Pete Molinari, inglese DOC che ha deciso di vagabondare l’America e cantarla a modo suo, dopo un apprendistato di lusso alla corte di Mr Billy Childish. Pete scrive bene, anzi molto bene, e non ha paura di essere retrò. Anzi, lo è con una faccia tosta da primo premio. Qui fa centro pieno; tra lacrime country, ancheggiamenti r’n’r’ e memorie pop. (Marco Sideri)
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