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Richard Swift, giovanissimo, preferisce rivolgersi altrove per connotare le sue canzoni, ed è chiaro fin dal principio. Le canzoni di questo disco (che poi sono due) fanno rivivere le atmosfere vellutate degli anni ’30 e ’40: il pianoforte polveroso dei cabaret, la grazia incravattata dei vecchi “crooners”, il romanticismo insieme zuccheroso e dolente della canzone jazzata. Questo senso di dejà vu, insieme a una scrittura forte e ispirata, rende l’insieme affascinante e, miracolo, fresco. Bravo. (Marco Sideri)