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Rock Recensioni ISOTOPE - Golden Section (Cuneiform 2008)
 

ISOTOPE - Golden Section (Cuneiform 2008) Hot

Image Tra i massimi esponenti del jazz-rock britannico, fondati nel 1972 dal leggendario chitarrista “cromatico” Gary Boyle, gli Isotope sono purtroppo stati un po’ messi da parte dalla storiografia ufficiale, non avendo goduto della stessa fama che ha investito altri straordinari gruppi loro contemporanei, quali Nucleus e soprattutto Soft Machine. Oggi, nel contesto dell’ampia opera di ricerca, documentazione e ricostruzione della storia del rock progressivo e delle sue molteplici declinazioni, svolta meritoriamente da etichette come la Cuneiform, esce questo scintillante e commovente (per i più sentimentali) album di inedite registrazioni live del gruppo risalenti alla metà degli anni ’70. Un documento essenziale che fa il paio con il già prezioso “Live at the BBC” uscito nel 2004 per la Hux Records. La formazione è quella classica che ha inciso il lavoro più fortunato della band, quell’ ”Illusion” che segnò la seconda tappa della carriera di Boyle e compagni: Laurence Scott alle tastiere, Nigel Morris alla batteria, Gary Boyle alla chitarra e l’ex Soft Machine Hugh Hopper al basso elettrico. Nelle prime 6 tracce, in realtà, registrate a Brema il 20 maggio del 1975, fa la sua comparsa il percussionista brasiliano Aureo de Souza, che suonò con il gruppo alcuni mesi durante la primavera-estate di quello stesso anno.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La presenza di Souza richiama o anticipa certe atmosfere che da lì in avanti caratterizzeranno il tipico sound dei Weather Report di Zawinul, Shorter, Pastorius e Badrena. Ma qui l’impasto dei timbri e dei colori è tipicamente britannico e a dominare sono le sontuose e impossibili scorribande della chitarra di Boyle (una sorta di Ollie Halsall di matrice canterburiana), i riff, gli ostinati e le linee di basso di Hopper, formidabile tessitore di un’idea di musica ancora oggi sorprendente e mai banale, e il tocco bluesy di Laurence Scott (un Michael Ratledge decisamente più morbido) sulle tastiere filtrate e amplificate. Un’antologia, una giustapposizione di tre diversi e distinti momenti nella storia del gruppo (Londra ’74, Brema e New York ’75) che ha il merito di scorrere con limpida immediatezza e dando il senso di una profonda unitarietà. Quello che colpisce (sempre!) di fronte ai documenti sonori che immortalano il jazz-rock britannico, è lo straordinario calore da essi emanato e l’umanità e l’autenticità di cui sembrano essere portatori. Si trattava di una musica estremamente sofisticata, coraggiosa e mirabolante, per rispondere ai detrattori di area colta, e al contempo accorata, gioiosa, visionaria e socialmente consapevole. Espressione di un ricco movimento culturale, dotato di un’intelligente istintività, che non meritava la successiva e irriverente stigmatizzazione ad opera del punk e della sua pur comprensibile rabbia. “Golden Section” torna a dimostrarlo con la forza e la freschezza di un tempo. (Marco Maiocco)

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