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Rock Recensioni NICK DRAKE - Family Tree (Island 2007)
 

NICK DRAKE - Family Tree (Island 2007) Hot

ImageMentre registrava queste canzoni, è probabile che Nick Drake pensasse, sognasse, immaginasse di diventare famoso. E sarebbe stato certamente felice se un mago gli avesse detto “sì, lo diventerai”, magari aggiungendo a bassa voce subito dopo: “ma solo dopo morto”. La celebrità postuma di Drake aveva raggiunto livelli imbarazzanti qualche anno fa e aveva avuto come effetto l’uscita di un pasticciato album di pezzi inediti e versioni alternative intitolato Made To Love Magic. Ora forse sembra esserci meno isteria necrofila attorno al suo nome, anche se l’annuncio della pubblicazione di Family Tree qualche preoccupazione l’aveva creata (c’è da immaginare che un perfezionista come Drake avrebbe voluto tenere ben nascosti questi suoi primi e ancora incerti passi artistici). Alla resa dei conti il risultato è invece buono, sia come lavoro di pulizia del suono (nei limiti del possibile, trattandosi di registrazioni informali), di organizzazione del suono e accuratezza delle note. E poi almeno smetteranno di uscire quei dischi brutti, malfatti e illegali che tutti i cultori di Nick hanno comunque finito per acquistare nel corso degli anni.


Si parla qui del periodo ‘formativo’ 1966-1967 e si ascoltano per la maggior parte brani registrati da Nick nella sua casa di Tanworth-In-Arden davanti a un pubblico composto, si presume, solo dalla sorella e dai genitori. Oltre a cose già note, la curiosità è rappresentata dalla presenza di un paio di brani scritti ed eseguiti al piano da Molly Drake, la madre del musicista. Ascoltando Poor Mum viene spontaneo pensare che nella malinconia di Drake ci potesse essere qualcosa di genetico (e su Bryter Layter c’è una canzone intitolata Poor Boy). L’altro gruppo di brani è registrato ad Aix-En-Provence nell’aprile 1967 durante la vacanza bohémien tra fine liceo e inizio università. E’ questa la sezione, per diverse ragioni, più interessante. Sono qui ben evidenti i modelli stilistici del giovane Drake. Se Strolling Down The Highway di Bert Jansch è ripresa con scolastica precisione, Milk And Honey di Jackson C. Frank (altro musicista dal destino a dir poco infame) subisce evidenti alterazioni, così come la dylaniana Tomorrow Is A Long Time, suonata con le complicate accordature quasi blues complicate che faranno impazzire decine di imitatori. Poi ci sono un paio di belle composizioni originali, la donovaniana Strange Meeting II e la piccola perla They’re Leaving Me Behind che per cupezza melodica e tematica già prefigura il sorgere della Luna Rosa. L’ultima citazione è per i demo, registrati presumibilmente nel 1968, di due brani che compariranno su Five Leaves Left con l’arrangiamento orchestrale di Robert Kirby. Day Is Done è per voce e chitarra ed è già perfetta così, anche se a un certo punto Nick ridacchia vagamente impacciato. La melodia di Way To Blue è invece accompagnata dal piano e risulta un po’ meno nitida, ma è talmente bella che… (Antonio Vivaldi)

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