“Il problema era quello di concentrare in due giorni ciò che normalmente richiederebbe almeno una settimana di lavoro. In realtà di tratta di una sorta di conduction, o meglio di sistema non convenzionale di direzione”. Traduciamo per i meno addetti ai lavori dalle belle note di copertina stilate da Francesco Cusa, direttore ed ideatore dei “musicisti nudi” - con evidente riferimento zorniano – per questo nuovo lavoro. I due giorni sono le sedute riservate a una ventina di musicisti siciliani di diversi abiti stilistici (non solo jazz, quindi) convocati assieme al funambolico Paolo Sorge alla chitarra per una “conduction”. “Conduction” è il metodo ideato dal grande Butch Morris per eludere la gabbia stretta che circoscrive partitura e/o improvvisazione: in una “conduction” i musicisti improvvisano, ma rendono anche conto, in tempo reale, di una serie di segnali di dinamica convenuti tra i partecipanti, e strutturati da chi guida la “conduction” medesima.
Gli esiti, qui, oscillano tra il sublime e il plebeo, esattamente come quando il Principe De Curtis sosteneva che “la nobiltà obbliga” nel suo etereo volteggiare tra bassezze ed altitudini. Cosa attendersi da titoli che recitano, testuali, “Stasi creativa in James Brown” o “Del perché è impossibile che l’uomo sia atterrato sulla luna”: risposta facile, ma non ovvia. Ci attendiamo una musica che giochi ad essere musica pura, con tutti gli scarti, le capriole, le ripicche ed i torbidi rimestamenti che i titoli suggeriscono. Alla fine, un grande atto d’amore per Mingus, per Ellington, per lo svaporato turgore delle “arkestre” di Sun Ra. Ed il senso che, anche in Italia, si può mettere in pratica una assoluta eccellenza senza pagar dazio alla grigia legione dei fondamentalisti neobop, new mainstream, e quant’altre regressioni spacciate per novità vogliano imbonirvi i signori di un jazz addomesticato come una foca nel circo. (Guido Festinese)
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