Le conseguenze di una vita un tantino sregolata hanno infine presentato il conto: il 29 gennaio John Martyn ci ha lasciato, sembra per le conseguenze di una polmonite, ma le notizie sono vaghe. Martyn aveva compiuto sessant'anni nel settembre scorso e la sua casa discografica storica, la Island, lo aveva opportunamente celebrato con la pubblicazione del cofanetto quadruplo 'Ain't No Saint', e nelle interviste rilasciate all'epoca il cantautore si premurava di informare i suoi tenaci fan che aveva già materiale per un nuovo disco. Il cantautore inglese, ma scozzese d' adozione, aveva varcato con la sua produzione degli anni settanta, il confine tra il folk e il jazz, sperimentando musicalmente e vocalmente nuove sonorità con il favoloso trittico composto da 'Bless the Weather'(1971), 'Solid Air' (1973) e 'Inside Out' (1973). Con gli anni ottanta Martyn trasformò la sua musica in un raffinato pop jazzato con alterni risultati, ma con un acuto dalle parti di 'Grace and Danger'(1980). La riscoperta da parte di una nicchia di appassionati ha prodotto negli anni seguenti un fiorire di registrazioni live risalenti al periodo migliore del cantautore, tra i quali le 'BBC Sessions' disponibili anche in DVD e lo splendido"The Brewery Arts Centre: Kendal " con Danny Thompson. Nell'ultimo decennio, dopo l'amputazione di parte di una gamba, Martyn ha continuato a suonare dal vivo e ha prodotto, nel 2004, 'On the Cobbles', un'ottimo disco pieno di blues e marcato dalla possente voce 'da orco' come a lui piaceva definirla. Per dirla con Cohen, storpiandolo solo un po': ' Siamo tristi, ma abbiamo la musica'. (Fausto Meirana)
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