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Jazz Recensioni E.S.T. - 301
 

E.S.T. - 301 E.S.T. - 301 Hot

E.S.T. - 301

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Titolo
301
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Nell'inverno del 2007 l'Esbjörn Svensson Trio è nel bel mezzo di un tour intercontinentale in Asia e Australia: una serie di concerti risultata assolutamente trionfale, e che è rimasta nella memoria degli appassionati che vi hanno assistito. Poco prima di terminare il tour australiano, il trio decide di affittare il famoso studio di registrazione "301" di Sidney, all'interno del quale, in due giorni di intense e concentrate session, i tre protagonisti immortalano per i posteri ben nove ore di musica magnetica e "granulosa", essenzialmente frutto di una telepatica estemporaneità, e di un'inesauribile voglia di suonare e sperimentare. Una parte di questo prezioso materiale era andata a costituire l'intera ossatura del visionario e ultimo "Leucocyte" (ACT, 2008), lavoro dall'andatura cosmica, nel quale il trio perfezionava in un modo sempre più imprevedibile l'ardita miscela di rock elettronico e linguaggio jazzistico di tipo jarrettiano.

La musica restante avrebbe dovuto riempire almeno un altro illuminato album, ma l'improvvisa morte di Svensson nel giugno 2008, durante un'immersione subacquea, aveva purtroppo mandato a monte l'ambizioso progetto. Oggi, a distanza di cinque anni, dopo un opportuno lavoro di editing, il batterista Magnus Öström e il bassista Dan Berglund, ovviamente i restanti E.S.T., in questo vivissimo "301" - che chiaramente prende il nome dallo studio di registrazione - pubblicano finalmente un'altra parte di quel febbricitante e (però) controllato concentrato di note australiane. Un documento sonoro notevole e imperdibile per i cultori della musica del trio, che fotografa appieno lo stato di grazia che in quel momento la formazione svedese aveva raggiunto. Momenti di pura ricerca sonora, attraverso l'utilizzo dei più svariati effetti elettronici, passaggi temerari e infuocati, con il contrabbasso di Berglund capace di trasformarsi in una sorta di chitarra hendrixiana (si ascolti la rutilante e spettacolare "Three Falling Free Part II"), ma anche intimità, liricità, spazi per una quieta e profonda esposizione jazzistica, grazie al tocco sapiente dell'ottimo Svensson, davvero sospeso tra le estetiche di Bill Evans e Keith Jarrett (si veda la sognante e conclusiva "The Childhood Dream"). Questi gli ingredienti di un'ammaliante testimonianza sonora, fervida e al contempo rilassata, che fa rimpiangere il possibile percorso che di lì in avanti il terzetto avrebbe potuto compiere, e al contempo restituisce come rediviva un'originale formula musicale, che in qualche modo ha segnato un'epoca, inaugurando (potremmo dire) un nuovo tipo di sensibilità nordica per le note afroamericane. Avvincente. (Marco Maiocco)

opinioni autore

 
E.S.T. - 301 2012-05-20 09:52:56 Fausto Meirana
Giudizio complessivo 
 
78
Fausto Meirana Opinione inserita da Fausto Meirana    20 Mag, 2012
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Decisamente una grande perdita per la musica, inoltre in questa uscita inaspettata ascoltiamo un crossover assai più godibile che in 'Leucocyte'. Abbiamo avuto la fortuna di vedere il concerto di EST nel 2007 a Genova giusto in tempo! http://www.discoclub65.it/concerti/archivio-mainmenu-40/1636-esbjn-svensson-trio-al-gezmataz-festival-a-workshop.html

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