Ecco un disco con cui potreste sorprendere anche chi dice di aver masticato molto jazz, e molti strumenti applicati alla sinuosa materia del fraseggio jazz stesso. Rino Vernizzi è uno dei pochissimi pionieri dell'uso del fagotto jazz in Italia, rara avis che può trovare una corrispondenza, in ambito italiano, nelle avventure avantgarde di Alessio Pisani, o guardando fuori dai patri confini, in Inghilterra, nel "neo bop" per fagotto del bravo Daniel Smith. Quest'ultimo ha un percorso poetico ed estetico pressoché identico a quello del "nostro" Vernizzi: entrambi si divertono, e molto, a smontare la favoletta che il fagotto sia solo l'ingombrante creatura buona per qualche bizzarra avventura timbrica orchestrale "classica" e poco altro, almeno dalla fine gloriosa dell'epoca dei concerti barocchi. Ed invece: qui, in Green Moon, troverete temi da Charles Parker e Gerry Mulligan, un ragtime del 1910 e uno del 1908, un omaggio "nascosto" a Mahler e molti a Thelonious Monk, e perfino una deliziosa rilettura di Yellow Submarine, a cui il petulante e saporito timbro del fagotto aggiunge sapida ironia, come sarebbe piaciuto a Sua Beatlestà Lennon. (Guido Festinese)
Jazz
Recensioni
RINO VERNIZZI QUARTET - Green Moon/The Best Bassoon
RINO VERNIZZI QUARTET - Green Moon/The Best Bassoon Hot
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Green Moon/The Best Bassoon
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