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Jazz Recensioni BILL FRISELL - History, Mistery (Nonesuch 2008)
 

BILL FRISELL - History, Mistery (Nonesuch 2008) Hot

Image Scrivere di Bill Frisell significa raccontare le gesta di uno dei più importanti musicisti dell’intero panorma internazionale da almeno un ventennio. Chitarrista leggendario per tocco, estro, timbro, proprietà tecniche, sensibilità e registri espressivi, Frisell si distingue per essere ancora uno dei pochi jazzisti e compositori in grado di aggiungere nuova linfa al concetto stesso di jazz. Se per jazz, infatti, intendiamo un modo di fare musica capace di annullare le differenze, rimescolare le carte, soprendere ad ogni passo, liberare svolte, mettere in dubbio solide certezze, costruire e decostruire e ancora ricostruire nuove identità o soggetti a partire da coordinate sempre diverse e mutanti, Frisell ne è uno dei massimi interpreti. Perché tutto è jazz e niente lo è, si tratta principalmente di un approccio mentale o se si vuole di un metodo di indagine e di elaborazione del pensiero. O, ancora, di mettere in discussione un “canone” di interpretazione autoreferenziale, per come s’è costruito. In Frisell convivono allo stesso tempo la lezione dei grandi chitarristi jazz (Jim Hall è stato uno dei suoi primi maestri), l’idea faheyana della trasfigurazione metafisica del folk, del bluegrass, dell’old time music, il blues rurale di ballad-man come Mississipi John Hurt o Blind Boy Fuller, il controllo assoluto degli effetti elettrici ed elettronici di hendrixiana memoria, l’accordo sospeso e sgranato del John Mclaughlin degli esordi davisiani, quasi un’asimmetrica punteggiatura ritmica, il pedale coltraniano (però sfilacciato e semovente), il senso del cosmico appartenuto a chitarristi dello space prog come Steve Hillage, il free jazz, il lascito ellingtoniano di armonie rallentate e allungate come lente balene che nuotano appena sotto il pelo dell’acqua.

Tutto questo e molto altro ancora: è chiaro che Frisell padroneggia a piacimento i più diversi stilemi e linguaggi. Schegge musicali che si scompongono e ricompongono sotto i nostri occhi e nelle nostre orecchie, quasi appartenessero a un banco di infinitesimi pesciolini tropicali che repentinamente muta forma, appare o scompare. Lacerti musicali che raccontano della vita e dello sviluppo della popular music, dei suoi percorsi e delle sue intricate vicende. Questo è quello che il jazz dev’essere: continuare ad ospitare dentro di sé tutto quello che nel tempo si è andato storicizzando, per farlo rivivere sotto nuove forme, ossequiando così il fondamentale principio di invenzione della tradizione o quello più intrigante di avanguardia di sintesi. Una tradizione che di volta in volta va scovata, rinvenuta, ritrovata o a volte semplicemente riselezionata. In questo ennesimo capitolo discografico, un altro doppio peraltro, Frisell è alle prese con una serie di brillanti composizioni da lui scritte per un ottetto. Si tratta in prevalenza di brani originariamente composti per “Misterio Sympatico”, un dialogo multimediale tra Frisell e i fumetti animati di Jim Woodring, andato in scena per la prima volta a Brooklyn nel 2002. Altri pezzi, invece, derivano dal contributo musicale di Frisell alla serie radiofonica della National Public Radio “Storyes from the heart of the land” andata in onda nel 2007. L’album solo in parte è stato registrato in studio, perché per lo più è stato catturato live durante il tour del 2006. Accompagnano il grande chitarrista di Baltimora il corno del sodale Ron Miles, una specie di Miles Davis pre-rivoluzione elettrica catapultato in sconosciuti spazi siderali, l’amica violinista Jenny Sheinman con i soui intemezzi obliqui e fluttuanti, che sta scrivendo pagine interessanti da aggiungere alla storia del violino nel jazz (anche con dischi a proprio nome), l’ottimo Greg Tardy al clarinetto e sax tenore, Eyvind Kang alla viola, Hank Roberts al violoncello, Tony Scherr al basso e il fido Kenny Wollesen alla batteria. Meritano “il prezzo del biglietto” i quasi nove minuti della splendida riproposizione della celebre “A Change Is Gonna Come” di Sam Cook, tra le poche cover del progetto, cui all’epoca fece eco Dylan con il suo “The Times They Are A-Changin’”. Chissà, forse un brutto presagio questa volta, oppure il vero fiorire di una nuova speranza!? Nel brano, che ricorda molto da vicino la “Little Wing” hendrixiana come veniva interpretata dall’orchestra di Gil Evans, fa bella mostra di sé il sassofonista Greg Tardy, il quale si rivela musicista di talento anche nello stralunato blues “Waltz For Baltimora” che impreziosisce la parte finale del secondo CD. Ma è l’intero doppio album che si riesce ad ascoltare con piacere, curiosità e rapimento. Pur non rappresentando un incisivo passo in avanti, “History, Mistery” è un significativo ed esaustivo compendio della musica friselliana, con le sue atmosfere oniriche e sfumate, lo stato dell’arte di un artista che sa mantenere sempre alto il livello qualitativo della sua produzione. Ed allora, è proprio il caso di dire: buon ascolto. (Marco Maiocco)

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