“It was forty years ago today!” possiamo dire, aggiornando l’incipit originario dell’album, infatti, proprio in questi giorni si aprono le celebrazioni per il quarantennale della pubblicazione di “Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band”, avvenuta il primo giugno 1967. Si tratta, probabilmente del miglior disco dei Fab Four, considerando parte di esso anche il precedente singolo che comprendeva l’irrinunciabile “Strawberry Fields Forever” e “Penny Lane”. L’attenta pre- produzione dell’intero progetto è un mirabile esempio di pianificazione a tavolino, a partire dall’immagine di copertina, il celebre collage dell’artista Peter Blake, più volte citato ed imitato, fino all’ inclusione di figurine ritagliabili che rappresentavano il nuovo look dei Beatles e cioè baffoni, mostrine ed uniformi di un’immaginaria banda di ottoni. La produzione è saldamente nelle mani di George Martin e, come le sue camicie, non fa una piega.
I brani sono uniti uno all’ altro senza interruzione, tuttavia il disco si regge su quattro robuste pietre angolari: la “Lucy in the Sky with Diamonds’ di Lennon, con la sua vena fantastica che mischia innocenti ricordi d’infanzia ad esperienze decisamente più adulte; la riflessiva “She’s Leaving Home”, che appartiene alla vena più intima di McCartney ed è l’istantanea di un irrisolto conflitto generazionale tutto sommato ancora attuale; la “Within You Without You” di Harrison, momento di spiritualità e introspezione ornato delle sonorità particolari, ma ormai consuete, del sitar; quindi, a chiusura del disco, l’originalissima “A Day in the Life” , uno dei pochi esempi di interazione compositiva tra i due leader, una mini-suite con improvvisi cambi di ritmo ed un testo fatto di copia e incolla, con frasi spezzate e incoerenti, ma soprattutto con l’epico e travolgente finale, chiuso da un accordo di pianoforte con una coda infinita che trasporta il gruppo verso altre terre, e piuttosto rapidamente, al conflitto personale ed artistico. (Fausto Meirana)