ImageDISCO MIX a cura di Jedediah Leland

la musica che ci pare e piace

Da quando la Sony lanciò il suo primo Walkman a cassette (era il 1979), la funzione sociale della musica ha iniziato a mutare trasformandosi sempre più un fatto privato; lentamente e, forse, involontariamente la tecnologia ha aiutato questa devoluzione. Parallelamente alla progressiva smaterializzazione della musica (l’ellepi diventato cd e infine mp3), sono scomparsi gli ascolti collettivi davanti al nuovo ‘stereo’ in cui ognuno portava il disco faticosamente acquistato con i risparmi della settimana o del mese; e l’avvento dell’iPod (2001) ha sancito definitivamente la singolarizzazione, a volte anche un po’ autistica, della fruizione.Image Nonostante l’oggetto musicale costi sempre meno (checché superficialmente se ne dica, negli anni ’70 per un disco ci volevano 4.500 lire, circa 64 volte un biglietto dell’autobus o un quotidiano che ne costavano 70; oggi, a voler rimanere nella legalità, con 20 euro si compra qualunque cosa, solo 18 volte il prezzo di un giornale), le vendite sono irreversibilmente crollate: 785 milioni i cd venduti nel 2000, 362 nel 2008, 14% in meno le previsioni per quest’anno. Chiunque può ‘possedere’ tutta la musica che vuole nei suoi 160 gb (ma ne bastano anche 2), mentre ai più è sufficiente la suoneria del telefono per soddisfare l’intero fabbisogno musicale di un anno. E l’unico momento in cui si assiste ad un utilizzo sociale della musica, non è certo lo show da stadio in cui è un megaschermo a permettere la (condi)visione dell’evento, ma i due ragazzini sull’autobus che dimezzano le cuffiette per l’ascolto della loro hit preferita. Inevitabile quindi, per tornare alla classifica dalla quale siamo partiti, che a trionfare siano i grandi vecchi del rock: sono loro a raccogliere i consensi degli appassionati che hanno iniziato a comprare negli anni ’70 e ancora perseverano. Gli altri, i più giovani o i meno anziani, sembrano alla ricerca dei dieci titoli sconosciuti da portare sull’isola deserta, dove, in beata solitudine, per parafrasare l’esse est percipi di Berkeley, nessuno si accorgerebbe che stanno suonando.

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