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La setlist cambia profondamente, com’è abitudine, tra il primo e il secondo concerto. In entrambi i casi, però, “It’s Alright Ma’” è il quarto pezzo e, a detta di molti, il momento in cui si può esser certi che i concerti non deluderanno: con una voce in gran forma Dylan offre una performance perfetta, le parole efficaci come se fossero scritte ieri sono pronunciate quasi con veemenza; e l’arrangiamento non solo è differente rispetto alle tappe precedenti del tour, ma cambia anche leggermente fra una sera e l’altra. La scelta dei pezzi privilegia il materiale degli anni ’60 e quello più recente (ma l’8/4 c’è posto per una bella versione di “Under the Red Sky”). Alcune fra le canzoni di “Modern Times”, accolte con entusiasmo dal pubblico, offrono momenti magici: “Nettie Moore” l’8 e “Ain’t Talking” il 9 sono showstoppers assoluti, il pubblico è ridotto al silenzio. Spiccano anche ottime versioni di “To Ramona”, “Visions of Johanna”, “Chimes of Freedom”, “It Ain’t Me Baby”. Inclusi i bis, i concerti durano due ore esatte, con 17 pezzi ciascuna sera. Se in passato la band, e in particolare i due chitarristi che lo accompagnano dal 2005, non erano sempre sembrati all’altezza del contesto, ad Amsterdam la situazione è sembrata molto migliorata, con il solista Denny Freeman in grado di inserirsi con buona creatività e dialogare con il polistrumentista (pedal steel, violino, banjo e altro ancora) Donny Herron e una sezione ritmica - come sempre - eccellente. Ciò che rende i concerti di Dylan una cosa molto diversa da quelli di altri musicisti contemporanei è il modo di interpretare l’esperienza live, non come semplice riproposizione delle registrazioni di studio, ma come continua reinvenzione: ecco allora gli arrangiamenti che cambiano in continuazione, le setlist sempre diverse, le improvvisazioni on stage. Il che naturalmente, se spirito e concentrazione non sono al meglio (agli inizi degli anni ’90 succedeva sovente), può dare esiti non entusiasmanti; ma se la serata è quella giusta, allora il risultato è entusiasmante. I due concerti di Amsterdam appartengono senza dubbio al secondo tipo. (Marina Montesano)
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