Pare sia ispirato al blues classico quest'ultimo disco dei Son Volt, vera e propria creatura artistica del cinquantenne Jay Farrar, il quale con Jeff Tweedy e gli Uncle Tupelo diede inizio, ormai molti lustri fa, alla grande stagione dell'alternative country, ovverosia a quell'intuizione che un certa formulaicità potesse essere riproposta a partire da "inquadrature" differenti o come filtrata dalla "magica" interposizione di un prisma. Dall'ascolto intenso di bluesmen rurali come Mississippi Fred McDowell e Skip James (i mentori indicati da Farrar) sarebbe dunque nato questo "Notes Of Blue", timido gioco di parole tra l'espressione blue notes e la parola blues. L'album parte in modo elegante e però un po' convenzionale ("Promise The World"), per poi subito accendersi ed acquistare efficacia espressiva, grazie a uno spettacolare (e tutto sommato insolito per i Son Volt) sferragliare di chitarre elettriche ("Back Against The Wall", e soprattutto "Static", "Cherokee St" e poi "Lost Souls" e Sinking Down"). L'anima più morbida e riflessiva di Skip James (fin qui è stata omaggiata solo quella più ruspante e sorniona di Fred McDowell) viene rievocata dagli arpeggi country blues e dal canto assottigliato di "Storm" o di "Cairo and Southern". Ma il blues qui è ovviamente solo una sorta di nobile pretesto, non risiede certo nella riproposizione di un linguaggio né tanto meno di una codificata forma musicale, bensì nell'evocazione di un sentimento e nell'incisiva rielaborazione di alcune scarne cadenze. Per il resto questo breve documento discografico, coerente e ordinato, si nutre (in buona parte) della consueta desolazione alternative country (molto più post rock che blues, la quale è musica della vita, e non della tristezza, o non solo), per declinare ancora una volta in modo sapiente e ispirato una sempre valida idea di folk rock. Niente male. (Marco Maiocco)