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Rock Monografie Dal post rock alla synthwave
 

Dal post rock alla synthwave Dal post rock alla synthwave

Il post rock, una delle nuove frontiere della musica, a partire dagli anni Novanta del secolo scorso, ha alle spalle oltre trent'anni. La sua storia è stata e ascoltata e raccontata: una storia albeggiata da gruppi seminali, come gli Slint, gli Scorn, i Bitch Magnet, i Tortoise (che si sono avventurati in sentieri aperti al recupero ed alla riscrittura di funk e fusion), i Flying Saucer Attack (fautori di uno space rock dalle atmosfere gotiche imparentate con lo shoegaze anglo-britannico), i Mogwai e i Mono (impegnati in una ridefinizione del rock chitarristico). Né possiamo qui dimenticare il post-core progressivo di una band fondamentale come i voivodiani Iceburn o la meteora Lake of Dracula, col loro industrial funk oscuro e influenzato da Bauhaus, Rapeman e Shellac (due delle creature del grande Steve Albini).
Mille sono, in effetti, i nomi che potremmo fare, ed una selezione al riguardo si impone, perché confini geografico-musicali già sfumati non si perdano del tutto. Ricordiamo, tuttavia, quanto meno i Rodan – tra Fugazi e Big Black: un math-rock tutto calcolo e tecnica, con forti echi King Crimson (del periodo 1973-74) – nonché i capostipiti Minutemen, Firehose, Black Flag e NoMeansNo (questi ultimi sospesi tra post-punk e free jazz). Altri punti di riferimento del genere sono stati, inoltre, l'ambient elettronico, isolazionista e sognante, dei Labradford; la raffinata malinconia del pianissimo alternato alle fragorose esplosioni del fortissimo, totale antitesi del nulla e del silenzio (con l'uso di microtoni infinitesimali e crescendo), caratteristica, ad esempio, degli Explosions in the Sky; infine, il ritorno al passato, quello del kraut rock dei Can (soprattutto per le ritmiche spigolose), dei motoristici Neu, di Cluster, Kraftwerk ed in parte Faust: a tutti loro e alla loro immortale lezione hanno attinto, fra gli altri, Stereolab, Kreidler e Mouse on Mars, soprattutto, ma echi kraut sono certo avvertibili, senza fatica, anche in nuovi eredi di una gloriosa vecchia guardia, come all'estero gli Oval e, da noi, gli Ulan Bator. Molto importanti sono state poi le manipolazioni in sede di produzione: un maestro è stato, al riguardo, Jim O'Rourke, che ha lavorato a più riprese ad un processo di decostruzione e ricreazione del synth-rock elettronico. Grande artista, O'Rourke ha collaborato anche con il giapponese Merzbow, alfiere di un noise industriale dalle mille stratificazioni, con suoni brutalmente sfigurati, secondo la lezione di Mark Stewart, dopo l'uscita dal Pop Group di Bristol.
Il post rock ha aperto un varco per il quale è passata la riscoperta di certo progressive più sperimentale, della new wave più astratta ed avveniristica e del rock elettronico, quest'ultimo presto denominato dai critici synthwave, per fornirgli un'identità, a un tempo terminologica e stilistica, rispetto alla tradizione inglese del techno-pop anni Ottanta, da cui pure in buona parte storicamente deriva, anche sul versante della mitologia e dei simboli.
CyberpunkNella synthwave, un techno-rock geometrico ed angolare, si registrano mutazioni e complessità indotte da vecchie (e nuove) tecnologie elettroniche, con predominanza di timbri e tessiture cromatiche – alla Eno, per intenderci – suoni computerizzati ed obliqui, provenienti da un altro mondo, sovente spaziali e fantascientifici. La synthwave è un'elettronica che si pone come colonna sonora di un universo alieno, di un mondo parallelo, in un avvento del digitale, che non esclude a priori il recupero e la rifondazione di tecniche analogiche, queste ultime soltanto modernizzate. Va vista in tal senso la riscoperta del moog ed un uso veramente massiccio dei sintetizzatori, in una totale ridefinizione di generi e stili (tra i quali segnaliamo la glitch di Aphex Twin, Maatmos e Pan Sonic fra gli altri).
La syntheave è musica da seguire con gli occhi, cinematica, da colonna sonora, con una fortissima ed esplicitata valenza filmica (anche in assenza di reali pellicole a cui fare da sfondo). Spesso, abbiamo a che fare non solo e non tanto con canzoni canonicamente intese – eccole, l'influenza del post rock e la relazione con esso – ma in particulare modo con melodie fatte di suoni ed atmosfere futuristiche, dalla ritmica (più rock che pop, sostanzialmente) fredda e squadrata, peraltro mai sprovvista di un'anima, a sua volta calata in contesti intenzionalmente ed ostentatamente Hi-Tech.
Trans AML'anello di congiunzione tra post rock e synthwave, il gruppo chiave che ha materializzato il passaggio da ambizioni post al nuovo rock elettronico, sono stati, senza dubbio, i prolifici Trans AM, appassionati dell'AOR dei Foreigner come della new wave kraftwerkiana di Gary Numan, Ultravox, primi Human League e OMD. Con un grande sfoggio di moog, vocoder e theremin, crampsiani nell'immaginario – in comune la marcata attrazione per i B-movies di sci-fi anni Cinquanta – i Trans AM hanno combinato la meccanicità delle chitarre a palesi ascendenze teutoniche. Il gruppo del Maryland si è destreggiato, con gusto e genio, tra sperimentazione elettronica, metal, neo-kraut e glam revival. Le robotiche scansioni elettroniche del loro synth-funk spaziale sono cifra di una maturità subito raggiunta e di inconfondibile identità stilistica. Nei loro brani – dalla mirabile costruzione interna – il pop sintetico e l'hard spaziale alla Hawkwind si incontrano armoniosamente e con ottimi risultati finali.
Sulla scia dei Trans AM, si sono mossi gli inglesi (scuderia Mute) Add N to X, adoratori del moog, i Servotron ed i più robotici Man or Astro-Man. Altri veterani sono stati i Six Finger Satellite. Nativi di Providence, fautori di una new wave geometrica, dominata dai synth, i Six Finger Satellite hanno unito Devo e Gang of Four, metalliche chitarre albiniane e clangori industriali, non senza citare il cosmico hard hawkwindiano, il Detroit sound degli Stooges e lo straniante dub dei Public Image LTD di Metal Box (1979, vera e propria pietra d'angolo per tanta musica a venire).
KavinskyUna preconizzazione storica della scena synthwave, a ben guardare, si ebbe già tra il 1981 e il 1985, in Francia, nell'area di Saint-Etienne, con band di culto, a lungo ignorate e solo di recente riscoperte. Tra quei gruppi, testominianze di un underground rimasto sommerso sino a tempi recenti, rammentiamo in questa sede almeno Act, Visiteurs du Soir, Vox Dei, TGV, Marie Moor, CKC, Deux, Ruth, Visible, tra gli altri. Oggi la synthwave francese annovera artisti di rilievo ed affermati, abilissimi nel riproporre, in maniera fedele ed originale insieme, sonorità fake Eighties, come Kavinsky, Minuit Machine e Lueur Verte. Francesi sono anche due dei migliori esponenti della moderna synthwave: Carpenter Brut, assai cupi e potenti, tenebrosi e metallizzati (membri di Hacride, Klone e Ulver hanno collaborato con loro) e Perturbator, con un passato nel black metal, one man band che, nella sua già ampia discografia, è stata capace di passare – sempre sotto le insigne di un approccio decisamente notturno e lunare, nero e dark – da frangenti mossi e violenti a momenti elegiaci e dalla grande melodia. Certo: la melodia del buio, al pari dei Carpenter Brut, una melodia sintetica, che si fa strada tra le pieghe di un'elettronica oscura. Il taglio è, nel caso, molto anni '80, ma proiettato nel futuro e reso quasi siderale a tratti: un paesaggio e un'architettura dai risvolti cibernetici e metallici, con una predilezione per ambientazioni distopiche e conturbanti. I vari contatti con le colonne sonore del migliore cinema horror hanno fatto correttamente parlare di darksynth, variante della synthwave, di cui Perturbator e Carpenter Brut sono i capofila. E' il nuovo suono delle macchine all'alba del terzo millennio, che guarda indietro – all'elettronica classica e a certo synth-pop più colto e sperimentale – per spingersi in un futuro da science fiction. Sintetizzatori, computer, drum machine e campionatore la fanno da padrone, tra revival (certi riferimenti alla musica per videogiochi) ed una cyber-cultura che attinge a Blade Runner e a molta fs anti-utopistica. Nei dischi di Perturbator e Carpenter Brut, si coglie poi, chiaramente, un aspetto: musica da vedere – oltre che da ascoltare – la synthwave è congiuntamente passato ed avvenire (mai presente, che non esiste), insieme pertanto retrowave e futuresynth, per citare qui due dei sinonimi con i quali la synthwave viene talvolta chiamata. Lo stile è soprattutto strumentale, con scenari elettronici e riverberi chiusi, sostenuti da un basso sempre pulsante e un'ottima produzione, questa sì modernissima. Esteticamente, la nostalgia per gli Eighties non è, peraltro, fine a se stessa, o eccessivamente celebrativa, incorporata semmai entro un discorso più ampio, rafforzato altresì da suggestive copertine, atte a tradurre in immagini il cromatismo e la vena oltremodo dinamica delle trame sonore di volta in volta costruite.
ScandroidNegli Stati Uniti, il movimento synthwave è rappresentato superbamente dagli Scandroid (il modello è qui il manifesto Cyberpunk pubblicato da Billy Idol nel 1993), dai fenomenali Abstract Void (blackgaze alla Alcest di altissima qualità e suggestione), e in particolare dagli Zombi, duo guidato da Steve Moore ed imperniato sul binomio tastiere-batteria, già autore di svariati lavori e straordinario nella capacità di unire elettronica tedesca, prog strumentale e colonne sonore da film horror. Gli Zombi – da ascoltare è anche la loro costola Majeure, appena più anni Ottanta, nel sound – hanno in pratica saputo combinare la lezione dei Tangerine Dream con quella dei Goblin, con risultati a dire poco strepitosi. Ricordiamo, tra le loro molte collaborazioni di pregio, quella con i Maserati, altra band che ha saputo passare dal post rock chitarristico di scuola Mogwai allo space rock più tecnologico. Gli Zombi hanno di recente anche iniziato a costituire un punto di riferimento per altri gruppi, tra cui i Survive, che incidono pure loro su Relapse (come i Pinkish Black, questi ultimi fra Tangerine Dream e Black Sabbath).
La scena synthwave, molto ampia e ramificata, si è estesa a tal punto che sono sorte apposite etichette ad essa dedicate. La Aztec – in catalogo ottimi dischi di Nina e Neon Beach – è forse la label che più di tutte ha puntato sul legame con l'electro-pop ottantiano, rivisitato in maniera raffinata ed elegante. La Blood Music, invece, è una casa discografica da seguire, che ha affiancato a prodotti di extreme metal molti entusiasmanti esponenti della synthwave: i Dynatron (in bilico tra Jean-Michel Jarre, Vangelis e Perturbator), i carpenteriani di ferro Hollywood Burns e i notevolissimi Tommy '86. Altri gruppi hanno unito felicemente synthwave e metal: gli Skymall Solution hanno fatto incontrare John Carpenter ed il nu metal dei Deftones, mentre gli MWWB si muovono tra l'eredità del grande regista e compositore di Los Angeles – segnatamente, quello del periodo 1976-83 – e il doom metal. Lo stesso Carpenter, quasi a voler giustamente rivendicare una sua paternità, nella scena synthwave odierna, è come noto tornato da anni sulle scene, con la serie Lost Themes, la ristampa delle proprie colonne sonore ed una attività concertistica molto apprezzata quanto seguita.

(Davide Arecco)

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