Qualcuno lo aveva dato addirittura per morto, tanto che quest'ultima registrazione avrebbe dovuto intitolarsi "I'm Not Dead". Ma a quasi ottantacinque anni suonati Willie Nelson vive e lotta ancora insieme a tutti noi e confeziona caparbio il suo sessantunesimo album in studio (c'è da non crederci), a brevissima distanza dal recente tributo a Ray Price, storico leader dei Cherokee Cowboys, con i quali a Nashville il texano Nelson aveva cominciato. Un lavoro che è una meraviglia, dalla prima all'ultima nota, intriso di eleganza, compostezza, misura, lontano da ogni forma di declino, all'insegna di un country rock (qui in funzione aggettivante) indiano e anticonformista, che non ha mai smesso di essere considerato "fuorilegge", perché decisamente sganciato (se non altro in termini di contenuti e approccio) dal più conservativo canone nashvilliano. Una manciata di canzoni (alternanza di morbidi e saltellanti 2/4 in mid tempo e veri e propri lenti, spesso in un tripudio di sgranate "chitarrine" alla Chet Atkins e "svenevoli" pedal steel "hawaiane") prevalentemente scritte con il fido Buddy Cannon, sempre in veste di produttore. A fare eccezione alcune tracce, tra le quali l'autorevole title track (blues più intenso e "cavernoso") firmata da Jamey Johnson e Tony Joe White, con la partecipazione di Leon Russell (altro atipico storico country singer) in una delle sue ultime registrazioni, e l'omaggio ricordo ("He Won't Ever Be Gone"), composto da Gary Nicholson, a Merle Haggard, scomparso anch'egli (proprio come Russell lo scorso novembre) giusto un anno fa (e per altro al centro dell'appena pubblicato ultimo trobadorico lavoro di Bonnie "Prince" Billy). In "True Love" e "Little House on the Hill" è invece la brava Alison Krauss a provvedere alle armonie vocali, così come Sheryl Crow era intervenuta nel pregevole lavoro gershwiniano di un paio d'anni orsono. Dopo le ultime elezioni americane, Nelson e la sua immancabile bandana alla Gil Evans invitano, nella rockeggiante "Delete And Fast-Forward" (altro che country!), a dimenticare, a cancellare addirittura l'affronto, e ancora una volta a guardare in fretta avanti. D'accordo, ma per il momento godiamoci questa sua ultima prodezza. (Marco Maiocco)
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