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Rock Recensioni ALASDAIR ROBERTS - Pangs
 

ALASDAIR ROBERTS - Pangs ALASDAIR ROBERTS - Pangs Hot

ALASDAIR ROBERTS - Pangs

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Titolo
Pangs
Anno
Casa discografica

Dopo la solitaria austerità acustica del precedente "Alasdair Roberts", risalente ormai ad un paio d'anni fa, il grande folk singer scozzese, probabilmente il più importante "trovatore" britannico da Martin Carthy in avanti, torna a firmare un disco a suo nome (il nono in quindici anni, oltre alle innumerevoli e diversificate collaborazioni), avvalendosi del luminoso contributo (a dispetto dello scuro titolo di questa nuova pubblicazione) di una nutrita e valorosa band. Un Roberts qui spesso e volentieri "abbracciato" ad una chitarra elettrica (pratica che non gli è nuova), strumento che lui suona un po' alla maniera di un Wizz Jones (da una parte), nelle sue rare derive elettriche, e di un musicista medioevale (dall'altra), grazie a certi staccati estatici e stranianti, quasi indipendenti dal relativo sostegno armonico (ma la suggestione è probabilmente azzardata).

"Pangs" fotografa Alasdair Roberts alla guida del suo rodato trio, composto da Alex Neilson alla batteria e percussioni e Stevie Jones al basso e alle tastiere, con poi ospiti speciali la vocalist Debbie Armour, il flautista Tom Crossley, il violinista Rafe Fitzpatrick e la violoncellista Jessica Kerr. Una formazione decisamente affiatata, dal camerismo concertante e sbilenco, alle prese con un'avvincente serie di nuove composizioni, che però sembrano tutte provenire da un lontano immaginifico passato: Roberts (senza plagi o prestiti nascosti, ci mancherebbe) raccoglie idee, melodie, tematiche, ambientazioni sonore, dal ricco patrimonio tradizionale (qui decisamente più irish che scottish-english, anche se declinato in un'ammaliante composita maniera, sintesi di "modi" antichi e riverberi euro atlantici, espressione di un moderno folk che a tratti si fa "rock"), per rileggere, ricombinare, riarrangiare, rianimare, reinterpretare, continuare a tramandare e tramare (nel senso più nobile del termine), perché chi ha memoria "semplicemente" ricorda, mentre chi ha cuore non dimentica. Il suo è un lavoro attento e scrupoloso, l'opera sapienziale (anche se probabilmente più estemporanea e spensierata di quanto si possa immaginare) di chi è sempre in viaggio tra un pub e una biblioteca alla ricerca di un filo conduttore o una formula, capace di integrare la sensibilità personale con il flusso di coscienza ed esperienza collettiva. Magistrale. (Marco Maiocco)

 

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