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Rock Recensioni ELBOW - Dead In The Boot.
 

ELBOW - Dead In The Boot. ELBOW - Dead In The Boot. Hot

ELBOW - Dead In The Boot.

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Titolo
Dead In The Boot
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Tra un disco e l'altro, il notevole "Build A Rocket Boys!" (2011) ed il prossimo che (udite, udite!) sembra già in dirittura d'arrivo, l'acclamata band di Manchester, guidata dal cantante Guy Garvey, ha trovato il tempo, sul finire dello scorso agosto, di dare alle stampe una raccolta di brani originariamente pubblicati come b-sides su CD singoli ed EP in vinile in oltre dieci anni di vicenda artistica. Una faccenda da appassionati del 45 giri (potremmo dire), della serie che è meglio la "Revolution" in veste hard-rock contenuta nel piccolo e più rapido vinile, piuttosto che la versione maggiormente compassata custodita nel "White Album" beatlesiano (oppure no). Oltre che scanzonata autocelebrazione, e alternativa microstoria della formazione, l'operazione pare, infatti, presentarsi come una sorta di sentito tributo all'idea di supporto discografico e alla ormai "antica" concezione della fissazione e conseguenti distribuzione e fruizione della musica, nell'epoca della smaterializzazione sonora. Per carità, gli Elbow non sono i primi a immaginare di tornare a vecchie abitudini (per altro solo idealmente), il ritorno all'Lp oggi è strada più che battuta; oppure si pensi al Neil Young dell'ultimo stupefacente "Psichedelic Pill", nel quale l'"imbizzarrito" artista di Toronto sembra aver finalmente trovato la giusta formula tecnologica per decomprimere il suono del compact disc e così restituire l'ampio ventaglio sonoro, ricco di armonici, del long playing. Collezionisti di sé stessi, dunque, gli Elbow mettono in fila una serie di composizioni non trascurabili (forse manca la scintilla vera e propria, ma nessuno scarto, come anche Garvey ha tenuto a dichiarare), che compongono un'antologia rigogliosa, soprattutto dal punto di vista stilistico. Perché, in effetti, quel che balza all'orecchio fin da subito è l'ampia e articolata gamma coloristica che vive all'interno del progetto, in contrasto con una sorta di uniformità estetico linguistica (croce e delizia del gruppo), che ha sempre contraddistinto la musica degli Elbow. Si passa dalla più orchestrale "Lay Down Your Cross", al graffiante blues di "The Long War Shuffle", vera e propria sorpresa, specie di incontro tra il luminoso slide chitarristico di Rory Gallagher o Jimmy Page e la cupezza post moderna e millenaristica dei Depeche Mode; dalla cantillante e titillante "Every Bit The Little Girl" ad una sedativa ninna nanna dall'indicativo titolo di "Lullaby"; dalla gridata "Mcgreggor" alla delicata e cameristica "Waving From Windows"; dalla progressivamente rutilante "Snowball" alla conciliante e conclusiva "Gentle As". A tenere insieme il tutto è la consueta malinconica eleganza del post rock elbowiano, dal passo sornione e cadenzato, ordito da lente e (come) stirate armonie, di quasi ellingtoniana memoria, misurate e carillonesche stratificazioni ritmiche, e sempre condotto dalla familiare voce calma di Garvey, sorta di Peter Gabriel riappacificato dei giorni nostri. Non imperdibile, ma da ascoltare. (Marco Maiocco)

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