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Rock Recensioni OTIS TAYLOR - Contraband
 

OTIS TAYLOR - Contraband OTIS TAYLOR - Contraband Hot

OTIS TAYLOR - Contraband

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Titolo
Contraband
Anno
Casa discografica

Dedicato alla memoria del grande Gary Moore (1952-2011), che con le sferraglianti corde della sua chitarra elettrica ha diverse volte impreziosito di venature rock i progetti di Otis Taylor, questo "Contraband" fa nel titolo esplicito riferimento a quei gruppi di schiavi afroamericani del sud, che, durante la guerra civile americana (1861-65), scappavano dalle maglie confederate, cercando rifugio dalla schiavitù oltre la linea del fronte, sperando nell'aiuto dell'esercito unionista, che invece (ironia della sorte) li relegava a forza in accampamenti di fortuna in condizioni anche peggiori rispetto a quelle vissute nelle famigerate piantagioni. Come si può facilmente intuire, in questo oramai ennesimo (e per fortuna!) lavoro discografico il grande bluesman americano Otis Taylor, nato a Chicago ma residente a Denver (Colorado) fin dalla giovane età, prosegue imperterrito il suo personale recupero delle proprie radici afroamericane attraverso un singolarissimo blues, epitome dei molteplici stili che ne hanno costituito la sofferta e luminosa storia. Un down-home blues (il suo) intriso di cosmica elettricità, che difficilmente indugia su convenzionali cadenze armoniche, per esperire tutte le potenzialità di un singolo accordo o arpeggio, attorno al quale si snodano e sviluppano le più svariate timbriche e voci strumentali in un'incessante e densa iterazione variata. Lo accompagnano gli ormai consueti compagni di viaggio: dalla figlia Cassie al basso al raffinato Ron Miles alla tromba, dal sempre più ispirato lirismo davisiano, fino al superlativo Chuck Campbell alla pedal steel guitar (forse mai così in evidenza), musicista di estrazione gospel, ma qui in un'infuocata veste più da consumato southern rocker che da infervorato "shouter". Completano la tavolozza timbrica la chitarra di Jon Paul Johnson, l'organo di Brian Juan, la batteria di Larry Thompson, il fiddle di Anne Harris e lo djembè di Fara Tolno. Perché in effetti, forse mancando la forte personalità di un chitarrista "indisciplinato" come Gary Moore, il disco, anche grazie al vasto e sapiente utilizzo del banjo (strumento di derivazione africana, lo si ricordi!) da parte del leader, si muove tutto sommato in territori decisamente più country-blues, lasciando anche maggior spazio rispetto al solito a qualche corroborante apertura melodica. I brani sono tutti di Otis Taylor, i temi, come si conviene ad una musica colonna sonora dell'esistenza qual'è il blues, sono legati al racconto della vita quotidiana, l'intensità espressiva è quella di sempre. Otis Taylor è probabilmente l'unico musicista blues in circolazione che riesce a fare della poderosa avanguardia, pur perseguendo una scrupolosa e meticolosa riscoperta della tradizione. "Contraband" ne è un'ulteriore, imperdibile testimonianza. Ascoltare per credere. (Marco Maiocco)

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