La giovanissima Emily Jane non punta sulla ricerca di soluzioni inedite per il suo disco d’esordio. Punta sul folk scheletrico, sul fascino della voce proiettata contro sfondi esili di chitarra (più spesso) o pianoforte, sulle melodie che ogni tanto si tingono un pochino di jazz o blues, per variare. Dark Undercoat non è un disco incantato, con la voce fatata che si poggia su arpeggi incorporei; è un disco, lo dice anche il titolo, scuro e a tratti legnoso, dominato (con le dovute eccezioni) da tempi lenti e pensierosi, con un occhio alle grandi eroine tragiche della canzone passata. Nulla di nuovo insomma, soprattutto nella corsa al folk che ha intasato le vie della musica di recente. Ma l’ispirazione, considerata anche l’età, c’è tutta e gli appassionati non si lamenteranno. Gli altri aspettino, tempo ce n’è. (Marco Sideri)
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