Già il nome racconta, parzialmente, l’album. Modernariato pop, riferimenti agli anni ’60 e al fascino dei girl groups, melodie zuccherose e arrangiamenti stratificati. E in parte, bisogna ammetterlo, questo affrettato giudizio trova conferma nelle nove tracce dell’esordio dei Brunettes, dalla Nuova Zelanda. Tuttavia non si scoprono solo nostalgia e lustrini, all’interno; il disco vive anche di una malinconia di fondo che, grattata la superficie, si rivela la dimensione in più, capace di allontanare l’intera operazione dal, pur piacevole, cliché. Le voci sono due, maschile e femminile, e si incrociano sulle melodie con naturalezza. Gli sfondi variano dal pieno (fiati, ritmo, battimani) al vuoto di una chitarra sola senza lasciare spazio alla ripetitività. Un disco spensierato ma non stupido. (Marco Sideri)
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